Le buone pratiche del lobbying

Non dimentichiamo le buone pratiche. Mentre impazza il dibattito tra tecnici, giornalisti e addetti ai lavori sulle proposte di governo e Parlamento per regolare le lobby, molti dimenticano che in Italia da più di un anno è in corso una sperimentazione a livello governativo. Grazie al lavoro della task force voluta dal Consigliere di Stato Michele Corradino, il Ministero delle politiche agricole da febbraio dello scorso anno ha creato l’Unità per la trasparenza che si occupa proprio di lobbisti. Finora hanno chiesto e ottenuto la registrazione nell’elenco dei rappresentanti di interessi 98 tra singoli professionisti, associazioni di categoria, società di lobbying e, ovviamente, aziende. Altre 100 sono in istruttoria. Tra i tanti spiccano i nomi di Enel, Lipu, dell’associazione Slow Food e di Nomos. L’Unità avrebbe dovuto pubblicare un primo rapporto a gennaio. Poi, complice la campagna elettorale, si è preferito attendere l’arrivo del nuovo governo. Così oggi attendono che il Ministro appena insediato – che ha già espresso parere positivo nei confronti dell’iniziativa – affronti alcuni punti cruciali e rimasti in sospeso, due in particolare. Anzitutto, il grado di trasparenza da scegliere. La domanda, in altre parole, riguarda quanta e quale diffusione dare ai dati in possesso del Ministero. Il secondo punto riguarda le procedure. Bisogna capire in che modo garantire agli iscritti benefit tali da giustificare l’iscrizione all’elenco e l’assoggettamento al regime di trasparenza del Ministero.

Direttore Area Istituzioni dell'Istituto per la Competitività (I-Com). E’ Professore in “Media, Activism & Democracy” presso la New York University – Florence, e Professore in “Global Advocacy” presso la Vrije Universiteit di Brussels.

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