E’ davvero giunto il momento di abbandonare la politica dei tagli lineari alla spesa sanitaria e liberare le risorse potenziali – circa 10 miliardi di euro – per un nuovo Patto per la Salute fondato su deospedalizzazione e cure domiciliari. Lo ha ribadito ieri il Ministro della Salute Lorenzin, proprio quando la Corte dei Conti, nel giudizio sul rendiconto generale dello Stato 2012, confermava che i recenti interventi sulla spesa sanitaria hanno sì centrato obiettivo di “evitare un’incontrollata lievitazione dei costi” ma non sono stati efficaci ai fini di un loro “ridimensionamento concreto”.
Potenziamento della medicina integrata del territorio, farmacia di quartiere (già individuata dalla L. 69/2009 e dal D.lgs. 153/2009) e continuità assistenziale, dunque, che devono essere supportate da uno sviluppo dell’e – Health, proiettato su digitalizzazione capillare del sistema sanitario, sia a livello di processo che dei servizi (telemedicina, fascicolo sanitario e ricetta elettronica, informatizzazione delle ASL).
A bene vedere si tratta di implementare quanto già avviato dal Decreto Balduzzi del 13 settembre 2012, che per le cure primarie aveva delineato alcune priorità: rilancio dell’obbligo per i medici di medicina generale (inserito nell’Accordo Collettivo di categoria del 2009) di aderire a forme organizzative mono-professionali (Aggregazioni Funzionali Territoriali) e multi professionali, (Unità Complesse di Cure Primarie); assistenza medica nelle reti di poliambulatori aperti al pubblico h24, 7 giorni su 7; obbligo per medici di base di aderire ala SIS (Sistema informativo Sanitario del SSN), in particolare per la ricetta elettronica, fascicolo sanitario elettronico e implementazione tessera sanitaria, sulla scia della Legge 326/2003.
Il Decreto dell’ex ministro della Sanità Balduzzi, riproponeva di fatto l’idea delle UTAP , strutture territoriali che puntavano su una forte integrazione tra medici generici e specialisti ambulatoriali, infermieri, esperti della prevenzione, tecnici della riabilitazione, professionisti delle cure primarie del sociale a rilevanza sanitaria, in un approccio sinergico multidisciplinare ad alta specializzazione, incentrato sulla condivisione di obiettivi, linee guida e Percorsi Diagnostico Terapeutico Assistenziali, concepito come network per la valutazione degli esiti e dell’audit clinico. In altre parole, una medicina che decongestiona le strutture ospedaliere, più vicina al cittadino e più sostenibile eticamente e economicamente, con il Distretto Socio-sanitario coordinatore e centro nevralgico.
Ma sulla strada della riforma della Primary Care pesano ancora le differenze territoriali, specie in tema di risorse per le dotazioni strutturali e strumentali, e un’informatizzazione del sistema che ancora non decolla, pur se in leggera crescita. Se il 90% dei MMG usa certificati digitali, solo l’11% usa il teleconsulto, mentre solamente il 34% usa il fascicolo sanitario elettronico.