A determinare il prezzo finale dei carburanti, incidono, come noto, due componenti essenziali: il prezzo del carburante (prezzo al netto delle imposte) e le imposte (tasse ed accise). Se è vero che il peso fiscale sul prezzo al consumo del carburante è determinato dalla volontà (o necessità) politica, non è altrettanto vero che il prezzo del carburante sia esclusivamente il frutto dell’oscillazione del prezzo al barile del petrolio, altrimenti avremmo un livellamento del prezzo rispetto agli altri Paesi. Ciò non è così! E’ quanto emerge scorrendo i dati della newsletter “Prezzi e consumi” (indagine condotta nel maggio 2013), pubblicata dal Ministero dello Sviluppo Economico, che consente di apprezzare come il primato Italiano (in particolare sulla benzina) sia costante dal secondo semestre del 2011 e che il prezzo del carburante sia diversamente registrato rispetto agli altri Paesi indagati (in Italia questo prezzo è tra i più salati). Uno dei principali elementi che determina lo sfasamento del prezzo del carburante rispetto agli altri Paesi è la rete distributiva.
Secondo la segnalazione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato al Governo ed al Parlamento (pubblicata lo scorso 27 giugno), il mercato della distribuzione in rete dei carburanti è caratterizzato da restrizioni che ancora permangono, nonostante le liberalizzazioni recentemente intervenute, sia all’ingresso che all’uscita dal mercato. I prezzi più elevati rispetto agli standard europei deriverebbero da vincoli normativi alle modalità di funzionamento degli impianti e alle condizioni generali di svolgimento del servizio. Si tratta di restrizioni che bloccano anche uno sviluppo qualitativo del settore.
Per contrastare il fenomeno dei prezzi dei carburanti l’Autorità, nel documento di segnalazione, effettua una serie di proposte mirate.
La prima è diretta ad eliminare la norma (art. 18 del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1) che limita alle sole aree extraurbane la possibilità di istituire impianti completamente automatizzati. Una maggiore diffusione del self service pre-pay, infatti, potrebbe favorire una riduzione generalizzata dei prezzi praticati sulla rete in quanto tale modalità di vendita, non prevedendo l’ausilio di personale per l’erogazione del prodotto, consentirebbe un contenimento dei costi di distribuzione.
L’AGCM, inoltre, considera necessario modificare la norma nazionale (art. 83-bis del D.L. 25 giugno 2008, n. 122, come modificato dall’art. 17, comma 5, D.L. 24 gennaio 2012, n. 1) che rende ancora possibile, in particolare da parte di normative regionali, l’introduzione di obblighi asimmetrici per l’apertura dei nuovi impianti di distribuzione, in termini di tipologia di carburanti da erogare e/o caratteristiche che l’impianto deve necessariamente soddisfare.
Con l’obiettivo di favorire una maggiore flessibilità nei rapporti tra titolare dell’autorizzazione e gestore dell’impianto e consentire politiche più concorrenziali a livello di singolo distributore, l’Autorità propone inoltre che venga applicata la liberalizzazione dei rapporti contrattuali tra i titolari degli impianti ed i gestori prevista dall’articolo 17 D.L. 1/2012 e ancora priva di attuazione. In tal senso l’Autorità ipotizza una previsione di legge che consenta, in caso di mantenimento di uno stallo nelle negoziazioni di categoria, l’intervento sostitutivo dell’amministrazione centrale (Ministero dello Sviluppo Economico).
Anche l’avvio di un massiccio progetto di razionalizzazione della rete di distribuzione appare, per l’Autorità, un elemento in grado di determinare un effetto al ribasso sui prezzi finali. In particolare, la proposta è di introdurre norme in grado di agevolare l’uscita dal mercato dei numerosi impianti cd “incompatibili” rispetto alle normative urbanistiche e di sicurezza stradale per consentire agli operatori del mercato di concentrare le proprie vendite su un numero più ridotto di punti vendita, riducendo l’incidenza dei costi fissi sui prezzi finali.
Infine, secondo i desiderata dell’AGCM, poiché le competenze degli enti locali comunali, sono rimaste, sin dal 2001, sostanzialmente inapplicate, sarebbe utile prevedere rigidi poteri sostitutivi, delle Regioni in prima battuta e da ultimo dell’amministrazione centrale, nell’attività di individuazione di tali impianti incompatibili.