Ritardo al quadrato. I debiti della PA e gli obblighi di legge disattesi

Venerdì 5 luglio scadeva il termine assegnato alle pubbliche amministrazioni dal decreto legge 35 del 2013 per comunicare online l’elenco dettagliato delle fatture per le quali è stata comunicata ai creditori la data di pagamento prevista. Peccato che poche di queste se ne siano apparentemente accorte, perché alla fine di quel giorno, secondo uno screening effettuato dal Sole 24 Ore, solo 9 Regioni, 10 capoluoghi di Regione e, udite udite, 6 Ministeri avevano adempiuto agli obblighi di legge. Che, una volta tanto, prevedevano conseguenze rilevanti per le amministrazioni inadempienti e per i loro dirigenti. Ma, evidentemente, l’atarassia burocratica e l’impunità attesa dai suoi protagonisti hanno prevalso ancora una volta sulle buone intenzioni del legislatore. Senza le quali, magra consolazione, forse i risultati sarebbero stati ancora peggiori.

Colpisce in particolare che tra i Ministeri inadempienti fosse ricompreso al 5 sera il Ministero dell’Economia e delle Finanze, cioè proprio il regista principale di tutta l’operazione messa in campo (nonché il principale enforcer). Da un nostro successivo controllo realizzato il 9 luglio alle 9, risulta che il MEF si è messo almeno in parte in regola, o almeno lo hanno fatto il Dipartimento del Tesoro, il Dipartimento dell’Amministrazione Generale, del Personale e dei Servizi e la Guardia di Finanza, che giova ricordarlo sono solo alcuni degli uffici che fanno capo a via XX Settembre. Viene da chiedersi se gli altri Dipartimenti e le diverse Agenzie o altre amministrazioni che fanno capo al Ministero debbano ancora ottemperare o se non siano interessate dal fenomeno del ritardo dei pagamenti. Tra l’altro c’è anche un piccolo giallo legato al fatto che la data di pubblicazione dichiarata sul sito del MEF per l’elenco dei debiti  assentiti dagli uffici in questione è il 5 luglio, anche se l’indirizzo esteso dei file allegati suggerirebbe la data dell’8 luglio, cioè, sia pur di poco, fuori tempo massimo.

In ogni caso, si tratta di una figuraccia che si poteva evitare, tenuto conto che era stato lo stesso Ministro Saccomanni a sottolineare appena mercoledì scorso nella sua audizione di fronte alle Commissione riunite di Camera e Senato che l’omessa comunicazione reca conseguenze serie sia per gli uffici competenti che per i loro dirigenti che ne risultassero responsabili. Ora speriamo che dalle parole si passi ai fatti. A cominciare da via XX Settembre.

Anche perché, sempre sui giornali di sabato, campeggiava la notizia di una pressione fiscale che ha raggiunto nel 2012 la soglia del 44% e che nel 2013 arriverà a sfiorare il 44,5%. Con un tax rate complessivo sugli utili delle imprese che arriva secondo i dati di Banca Mondiale, contenuti nel Rapporto Doing Business 2013, al 68,3%, contro il 46,8% della Germania e il 35,5% del Regno Unito.

Che poi una buona fetta dello Stato, a fronte di tanti oneri, non solo non paghi in tempo le aziende ma neanche si prenda la briga di dichiarare quando lo farà, adempiendo a un preciso obbligo di legge, aggiunge al danno la beffa.

Presidente di I-Com, Istituto per la Competitività, think tank che ha fondato nel 2005, con sede a Roma e a Bruxelles (www.i-com.it). Docente di economia politica e politica economica nell’Università Roma Tre.

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