Accesso alle prestazioni sanitarie, liste d’attesa e ticket su diagnostica. Sono questi i tre settori in cui i cittadini soffrono più disagi nel servizio sanitario nazionale. A metterlo in luce è il XVI Rapporto PIT Salute del Tribunale per i diritti del malato di CittadinanzAttiva, presentato lo scorso 16 luglio al Ministero della Salute. Dopo anni in cui errori medici e malpractice l’hanno fatta da padrone ora, le segnalazioni dei cittadini riguardano per il 18,4% problemi relativi all’accesso alle prestazioni sanitarie (il 12% per via dei costi troppo elevati).
La situazione economica ancora fortemente critica porta molte persone (circa 9 milioni stimate dal CENSIS in occasione del Welfare Day) a rinunciare a curarsi per l’impossibilità di sostenere la spesa a loro carico. Mentre AGENAS ha recentemente stimato un decremento dell’8,5% delle prestazioni erogate a carico del SSN. Sono un fardello sempre più pesante – in particolare – i costi per le prestazioni in intramoenia (24,4% delle segnalazioni) – cui si ricorre proprio per evitare i lunghi tempi di attesa nel pubblico – e i ticket su esami diagnostici e specialistici (16,3%).
Spicca poi la questione dell’accesso ai farmaci (segnalato dai cittadini nel 25,7% dei casi), tema assai sensibile non solo per la differenza di prezzo tra generico e branded che i cittadini sono tenuti a pagare per acquistare farmaci in fascia A, ma soprattutto per l’elevato costo annuo (di 1.127,00 euro) che i cittadini spendono per acquistare farmaci in classe C, che sono a totale carico dei pazienti, in particolare per coloro che sono affetti da patologie croniche e rare. Inoltre, significativo per l’immagine e lo “stato di salute” del nostro sistema sanitario, è l’aumento delle segnalazioni (dal 15% al 23% tra 2011 e 2012) sulle condizioni delle strutture che erogano servizi sanitari.
Tutto ciò ci riporta ancora una volta alla questione di fondo: bisogna ripensare il nostro sistema sanitario per realizzare una riforma che consenta di imboccare un vero percorso di risanamento, per preservare il suo carattere pubblico, senza compromettere la capacità di migliorare la qualità e l’accesso alle cure.