In un pomeriggio di mezza estate, il vice-ministro dello Sviluppo Economico, Antonio Catricalà ha toccato lo scottante tema del canone radiotelevisivo. Il canone va superato, ha indicato l’ex Presidente dell’Antitrust, nonché sottosegretario a Palazzo Chigi nel governo Monti, in un’audizione alla Commissione Parlamentare sul servizio pubblico radiotelevisivo.
Quella dell’abbattimento del tasso di evasione del canone più che una necessità è una urgenza, in primo luogo per un principio di legalità ed equità tra i contribuenti. Nel 2012, su un totale di 24,7 milioni di famiglie televisive, i paganti del canone Rai sono stati appena 16,1 milioni, con quasi un milione di morosi (gli iscritti a ruolo sono in tutto 17 milioni). La relazione di Catricalà ha stimato il tasso di evasione al 27%, ma di fatto quasi una unità familiare su tre non lo paga. Un ammanco da 500 milioni, ricorda il vice-ministro, forse anche qualcosa di più vicino al miliardo di euro. Quasi deprimente il confronto con gli altri Paesi, con la Germania ed il Regno Unito al 5-6% e la Francia addirittura al 2% da quando il pagamento del canone è stato legato alla tassa sulla casa (…una soluzione che in Italia suonerebbe quasi come una provocazione, unendo le due tasse di gran lunga più odiate dagli italiani!).
Anche la necessità di superare il legame tra il canone ed il possesso dell’apparecchio televisivo – che risale addirittura ad una norma introdotta da un Regio decreto legge del 1938, cioè quando non esisteva neanche la televisione – appare evidente, specialmente nell’era della convergenza.
Risolvere questi problemi è di per sé una sfida enorme, forse al di fuori della portata di questo esecutivo, come ha dimostrato la correzione di tiro che lo stesso Catricalà ha dovuto fare nei giorni successivi. Così come enorme è la sfida del ripensamento (non certo cancellazione!) del servizio pubblico al tempo degli online media. Ma la soluzione, qualunque essa sia, non può prescindere da un approccio più generale, che prenda in considerazione il servizio pubblico radiotelevisivo nel suo insieme e quindi la Rai. La genesi sui generis – e ci si perdoni il gioco di parole – del sistema televisivo italiano rende la Rai non solo, come è ovvio, il soggetto su cui ricade la responsabilità del servizio pubblico, e dunque crocevia degli equilibri politici, ma anche un elemento centrale negli equilibri economici del mercato della televisione.
A proposito, nel maggio del 2016 scade la convenzione Rai…parliamone!