Si chiama povertà sanitaria ed è una situazione d’indigenza che rende sempre più persone incapaci di affrontare spese per i medicinali, compresi quelli con prescrizione medica ma che prevedono una compartecipazione da parte del paziente.
Una condizione di povertà che costringe a fare a meno non più solo di alimenti e altri generi di consumo, ma dello stesso diritto alla salute e che, analizzando le dimensioni del fenomeno, si sta rivelando una vera e propria emergenza sociale. Infatti, solo negli ultimi sette anni ˗ dal 2006 al 2013 ˗ le persone sul territorio nazionale in povertà sanitaria sono aumentate del 97%.
Questo allarme è stato lanciato nel dossier presentato nei giorni scorsi al Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini dalla Fondazione Banco Farmaceutico Onlus e dalla Caritas italiana, che hanno incrociato i dati sui medicinali donati dai privati e dalle aziende, e quelli sulle richieste di farmaci provenienti da un campione di 336 centri di ascolto appartenenti a 45 diocesi presenti sul territorio nazionale.
Le categorie che più frequentemente usufruiscono della “colletta farmaceutica” sono i nuclei familiari numerosi, gli anziani con pensione minima, e gli immigrati, mentre la distribuzione geografica del disagio vede in testa il centro-sud con un incremento del 470% in 7 anni, e poi il Nord.
In tutta Italia l’aumento della richiesta di farmaci da parte dei centri assistenziali è stato accompagnato da una crescita parallela della solidarietà dei donatori privati. Tutto ciò fa apprezzare come la solidarietà spesso sia un elemento indispensabile per garantire a tutti l’accesso alle cure. Ma, come evidenziato dallo stesso Banco Farmaceutico, il fenomeno è in forte crescita e, come è possibile immaginare, con l’aumentare della povertà sanitaria non sarà più sufficiente il canale solidale.
Ecco perché è sempre più urgente avviare una riflessione profonda sulla natura del nostro sistema sanitario, e sul suo finanziamento, al fine di poter delineare quanto prima una riforma strutturale del sistema in grado di garantire una sempre maggiore qualità delle cure, e al tempo stesso l’equità nell’accesso.