A crisi oramai avviata, nel 2009, la Lega Calcio, grazie al suo advisor Infront, riuscì a strappare per i diritti televisivi un minimo garantito da 900 milioni di euro all’anno per 6 anni, per un totale di 5,4 miliardi. Un balzo in avanti non da poco, rispetto ai circa 700 milioni all’anno del periodo precedente (anche se parte del valore era sviluppato al di fuori del contratto…), in un periodo di difficoltà tanto per i broadcaster quanto per il prodotto calcio. Merito solo del ritorno alla contrattazione collettiva? Non tanto e non solo. L’accordo scadrà nel 2015 e sono partite le trattative per il rinnovo. Un nuovo incremento, ai livelli dell’ultimo, non è certamente pensabile, ma anche mantenere le cifre attuali non sarà proprio semplice.
Non solo la crisi morde sempre più, mentre l’appeal del prodotto è sempre minore, ed esistono diversi fattori che nel frattempo sono cambiati. Allora si era puntato su una concorrenza non solo inter-piattaforma, ma anche intra-piattaforma, che oggi non è più possibile, essendo ormai uno solo l’operatore del digitale terrestre. Internet contava, ma ancora poco, mentre oggi è un fattore imprescindibile, perché servizi con sempre maggiore qualità possono essere offerti ad un mercato ormai ampio, senza contare che nel frattempo gli stessi operatori televisivi propongono i loro prodotti anche su questa modalità (Premium Play, Sky Go), e considerando che oramai internet vuol dire anche mobile, perché di fatto il prodotto non guarda in faccia al device.
Come si risolverà il rebus? Chi metterà i soldi per far (soprav)vivere il nostro giocattolo preferito? Sky non è più molto disposta a pagare più del doppio di Mediaset (578 milioni contro 225 milioni nel 2012) per avere solo un po’ di partite in più (380 contro 324), per altro ormai con poche differenze in termini di prezzi, e chiede di avere l’esclusiva, disposta anche a sborsare da sola oltre 800 milioni di euro. Mediaset, che 800 milioni non può spenderli (essendo superiori agli stessi ricavi di Mediaset Premium), sa che concedere a Sky le esclusive significherebbe molto probabilmente la fine della sua offerta pay. Nel frattempo, una guerra neanche troppo sotterranea, si combatte contro l’adivsor della Lega, essendo sempre di meno coloro i quali sono convinti della reale necessità di un advisor quando di fatto concorrenza non ce n’è molta. Certo, il prodotto calcio è probabilmente valorizzato al massimo, ma è chiaro che l’equilibrio su cui si è basato questo non può reggere a lungo. E alla porta ci sono i grandi player mondiali come ESPN ed Al Jazeera, che hanno già fatto il loro ingresso in altri campionati, dalla Premier League alla Ligue 1.
ll problema è anche che il nostro campionato continua a dipendere in maniera eccesiva dai diritti televisivi, con circa il 60% delle risorse che vengono da quella fonte (in Germania valgono la metà), senza che queste risorse riescano ad essere investite in ciò che sarebbe necessario per rinnovare e rilanciare il prodotto, a partire dagli stadi – la strada indicata dalla Juventus è universalmente riconosciuta come vincente, eppure finora nessuno l’ha seguita – per finire con la valorizzazione commerciale dei marchi delle squadre, ancora sottodimensionata. Tutto ciò ha per altro un’evidente ricaduta sul mercato internazionale, dove la nostra Serie A vale circa 10 volte in meno della Premier League.
Il calcio è a volte uno specchio fedele di tanti altri aspetti della nostra società e della sua economia.