Da mercoledì a venerdì sono stato a Berlino, ospite della Fondazione Adenauer. Tre giorni dedicati a capire come funziona il lobbying, come potrebbe migliorare, in che direzione sta andando, e che regole servirebbero per migliorarlo, dall’Europa agli Stati membri.
Durante la tre giorni si sono alternati tanti esperti, di varia provenienza. Lobbisti d’azienda, lobbisti di associazione, e lobbisti freelance. Nella prima economia d’Europa la professione del rappresentante di interessi va molto bene. C’è un sistema istituzionale ideale: al tempo stesso complesso (perché stratificato, con tanti centri di potere che contribuiscono alla formazione delle politiche pubbliche) ed efficiente. L’industria è in crescita, soprattutto in alcuni Lander. Per questo è ben radicata sul territorio, oltre che a Bruxelles.
Eppure anche la Germania ha i suoi problemi. La legge sul lobbying c’è, ma è sostanzialmente disapplicata, essendo oramai residuato di un’epoca lontana. Andrebbe rivista. Alcune associazioni della società civile spingono in questa direzione. Tra le più attive ci sono Transparency International e LobbyControl. Le imprese fanno muro. L’incontro dibattito tra un rappresentante della Volkswagen e alcuni attivisti di TI e LobbyControl ha assunto toni surreali. Il primo impegnato a negare che lo scambio di documenti tra loro e i decisori pubblici locali avesse un qualsiasi valore, e dunque non richiedesse alcuna pubblicazione. I secondi a insistere che un processo decisionale trasparente avrebbe bisogno comunque della piena accessibilità delle informazioni e dei documenti. E che, comunque, un registro dei lobbisti sarebbe un buon punto di partenza.