La tutela del consumatore in materia di pratiche commerciali scorrette si è arricchita di un ulteriore tassello: la direttiva 2011/83/UE, entrata in vigore il 12 dicembre dello stesso anno, che si applica a qualsiasi contratto concluso tra un professionista e un consumatore, ai contratti per la fornitura di acqua, gas, elettricità o teleriscaldamento, anche da parte di prestatori pubblici, nella misura in cui detti prodotti di base sono forniti su base contrattuale. La Direttiva si distanzia dall’approccio di armonizzazione che ha caratterizzato la precedente legislazione europea sul tema, infatti, pur nel rispetto del principio di sussidiarietà, prevede espressamente che gli Stati membri non possano adottare disposizioni divergenti, neppure se più favorevoli.
Nonostante l’esperienza italiana si caratterizzi per un impianto di tutela del consumatore ben più solido di quello previsto da altre realtà nazionali europee, dove non esiste nulla di simile al nostro Codice del Consumo, le attuali disposizioni in esso contenute presentano una portata minore rispetto a quanto previsto a livello europeo. Nella Direttiva, a titolo esemplificativo, sono precisate e rafforzate le garanzie a favore dei consumatori in termini di informativa pre-contrattuale, le modalità di espressione del consenso, le condizioni e modalità di esercizio del diritto di recesso, gli oneri connessi all’esecuzione della prestazione o alla gestione del rapporto contrattuale, modalità e termini per la consegna della merce, etc. Proprio la frammentazione normativa registrata nei singoli stati membri in materia di tutela del consumatore ha spinto il legislatore europeo verso la predisposizione di una norma capace di rimuovere le incoerenze e colmare le lacune ostacolo di un effettivo mercato interno dei consumatori che raggiunga il giusto equilibrio tra un elevato livello di tutela di questi ultimi e la competitività delle imprese.
Tutto ciò premesso, allo stato dei fatti, i consumatori italiani non sono “cittadini europei”, non solo il nostro Codice è obsoleto rispetto all’evoluzione comunitaria degli istituti sopramenzionati ma l’Italia ancora non ha recepito la Direttiva benché la dead line indicata sia il 13 dicembre 2013. Restiamo in attesa degli effetti di tale recepimento (alla luce della scadenza ormai prossima) e dell’impatto, forse finalmente definitorio, che avrà sull’attuale ripartizione di competenze tra Autorità.