Reti e servizi di nuova generazione: così vicini, così lontani

 La fotografia che il 5° Rapporto I-Com su reti e servizi di nuova generazione consegna ha molte ombre, ma anche qualche luce. Il fardello dei ritardi e delle scelte sbagliate nel nostro Paese nello sviluppo della rete fissa continuano a pesare e a procurare altro ritardo. Il nostro Paese, unico in Europa a non dotarsi di un’infrastruttura di cavo coassiale per una scelta suicida fatta quarant’anni fa (il famigerato cavo “monocanale”, imposto per non fare concorrenza al monopolio televisivo), non è riuscito a darsi un’infrastruttura alternativa alla rete in rame, ma al tempo stesso è stato capace di aprire solo parzialmente il mercato dell’accesso, dove i due terzi sono comunque nelle mani dell’operatore incumbent e non riesce a trovare un accordo per realizzare un operatore unico della rete, passaggio fondamentale per la realizzazione della nuova infrastruttura in fibra.

Quello che ne deriva è piuttosto automatico e conseguenziale: una bassa penetrazione della banda larga rispetto agli altri Paesi, scarsa velocità, livello di sviluppo delle reti di nuova generazione non sufficiente. Non è certo un caso che laddove c’è stata maggiore concorrenza, c’è stato anche maggiore sviluppo, come dimostra la storia della telefonia mobile, settore nel quale l’Italia si ritrova perfettamente in linea, quando non avanti, rispetto agli altri Paesi, anche per quanto riguarda le nuove reti 4G.

Certamente esiste un problema di alfabetizzazione digitale in un Paese in cui metà della popolazione non accede con regolarità alla rete e meno del 20% pratica e-commerce. Ampie fasce della popolazione sono escluse dai servizi digitali e si innesca perciò un pericoloso circolo vizioso tra l’assenza o la scarsa qualità dell’offerta e la mancanza di domanda. In questo senso occorrono azioni che rompano questo circolo e spingano il Paese verso gli obiettivi dell’agenda digitale.

L’analisi dei servizi digitali in alcuni settori chiave che il Rapporto I-Com compie, ad esempio, mette in evidenza come esista anche un’Italia poco o per nulla arretrata rispetto agli altri Paesi. L’uso di device mobili ad esempio nel compiere operazioni bancarie o per acquistare titoli di viaggio, oppure l’uso dei social network per fruire di alcuni importanti servizi sono operazioni sempre più diffuse in Italia, a livelli nient’affatto inferiori agli altri Paesi.

Nessuno deve rimanere indietro e non si può certo avere un Paese a due velocità, specialmente per quanto riguarda i servizi digitali della pubblica amministrazione. Ma al tempo stesso è necessario tenere presente di questa domanda e della crescita che questa può generare nell’ambito dell’economia digitale come leva per rilanciare gli investimenti sulle infrastrutture. E’ quello che forse si comincia a vedere dai piani di sviluppo degli operatori e l’auspicio per il 2014 è che le premesse del 2013 si realizzino. Un quadro normativo e regolatorio anche snello purché efficace, chiaro e pro-concorrenziale è la condizione necessaria, anche se non sufficiente, perché questo auspicio si realizzi. L’appuntamento è con il prossimo Rapporto I-Com!

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