Parlare di quello che funziona bene, anche in Sanità, potrebbe tornare utile da più punti di vista. Potrebbe essere uno stimolo ad abbandonare gradualmente la percezione crescente di una “cattiva” governance del sistema, aprendo finestre sulle tante realtà che – a dispetto di tutto – hanno performance egregie. Potrebbe essere poi un mezzo vincente per diffondere le best practice tra istituzioni e operatori, favorendo lo scambio dei saperi e la moltiplicazione dei successi gestionali e organizzativi in un ottica di “shared enterprise”. Il vantaggio – infine – sarebbe moltiplicato per i cittadini, utenti dei servizi, eppure non ancora dotati di sufficiente empowerment e ai margini nei processi di valutazione delle performance pubbliche.
Tre ottime ragioni per dare il benvenuto a alla seconda edizione dell’Osservatorio sulle Buone Pratiche sanitarie, promosso da FIASO – Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere. Il Libro Bianco, disponibile dall’11 dicembre, raccoglie 75 esperienze, selezionate secondo una rigorosa metodologia dal Comitato Scientifico per il forte impatto innovativo riscontrato in quattro macro aree strategiche: integrazione socio-sanitaria; politiche del personale; valutazione delle performance relative all’attività clinico -assistenziale e gestionale; rapporto medico-paziente, figura dell’operatore infermieristico nell’organizzazione – in fase di rinnovamento – dei servizi ospedale-territorio.
Non è superfluo sottolineare che la buona sanità è ovunque, e riguarda pratiche aziendali del Nord, Centro e Sud Italia, proprio a testimonianza di come partnership tra pubblico e privato, multi professionalità, responsabilizzazione e condivisione alimentino positive sinergie, anche in un Paese dove la riforma federale ha accentuato gap tra sistemi sanitari che già viaggiavano a velocità differenziate. Malpractice e diseconomie certamente esistono, ma i casi di eccellenza segnalati dall’Osservatorio FIASO mettono in luce la bontà di processi innovativi che in molti casi si sono consolidati e sono in grado di essere felicemente replicati. E’ il caso, solo per fare un esempio, dell’Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza, che nel dicembre 2012 ha avviato il progetto sperimentale “Distribuzione farmaci alla dimissione” per potenziare la compliance terapeutica del paziente nella delicata fase della post dimissione ospedaliera. Il progetto è stato occasione per riorganizzare sia le procedure di dimissione che le modalità di prescrizione e consegna dei medicinali, in collaborazione con i responsabili delle Unità Ospedaliere assistenziali.
L’aderenza alla terapia è cruciale per l’appropriatezza dell’intero percorso di cura. Governare questo processo è particolarmente importante nei casi in cui l’assistito, fuori dalla struttura ospedaliera, abbia difficoltà a reperire il medico curante per la prescrizione oppure – come spesso accade nei piccoli Comuni – vi sia carenza di un particolare farmaco nelle farmacie convenzionate. La disponibilità della terapia nelle strutture delle Aziende Sanitarie, dove il prezzo è inferiore rispetto a quello praticato al pubblico, ha consentito all’Azienda lucana di ridurre anche la spesa farmaceutica convenzionata.
Da dicembre 2012 a marzo 2013, mese in cui si è conclusa la fase sperimentale del progetto, è stato effettuato un monitoraggio su base mensile del numero delle ricette e dei pazienti coinvolti, e si sono ottenuti risparmi notevoli. Grazie alla distribuzione ospedaliera, nei soli quattro mesi di progetto pilota, il valore della spesa farmaceutica convenzionata è passato da -14.000 euro a -42.573 euro. Mentre operatori e cittadini attendono che la Conferenza Stato-Regioni definisca ulteriormente i criteri che dovranno caratterizzare i costi standard – dal 2014 – questa ed altre best practice, che coniugano efficienza ed efficacia, fanno bene a tutti, perché ci raccontano un altro sistema sanitario. Quello che funziona davvero.