In queste ore viene modificato l’emendamento alla legge di stabilità riguardo la cosiddetta “web-tax”. Su richiesta del neosegretario PD Matteo Renzi, non verrà introdotto l’obbligo di partita IVA per tutte le web companies, anche se rimarrà comunque in piedi per le società che fanno pubblicità e per il diritto d’autore. L’emendamento cerca di introdurre il principio in base al quale anche le aziende del web siano tenute a pagare le tasse nel territorio dove viene prodotto il fatturato, limitando la pratica di registrare questi importi in Paesi come Irlanda o Lussemburgo dove le tasse sono più basse.
Pochi giorni fa è passata quasi inosservata la notizia che il Commissario europeo all’antitrust, Joaquin Almunia, ha avviato un’indagine sulla questione della territorialità dei diritti, partendo dalla sentenza che l’anno scorso ha visto la Corte di Giustizia Europea dare parzialmente ragione alla titolare di un pub inglese, che faceva vedere ai propri clienti le partite della Premier Leauge tramite una scheda di un operatore televisivo satellitare greco, a cui la signora del pub si era abbonata, pagando molto meno di quanto richiesto dall’operatore BSkyB. Non è possibile, sostiene la Commissione, limitare la circolazione di beni e servizi, e quindi nemmeno quella dei diritti radiotelevisivi. La stessa Commissione, 3 mesi fa, aveva approvato un provvedimento che prevede l’abolizione del roaming a partire dal 2015, favorendo così la creazione di un mercato unificato TLC, incontrando, però, non poche resistenze da parte degli operatori.
Ci si domanda spesso: “in che Paese viviamo?” Forse sarebbe il caso di aggiornare la domanda e chiedersi “in che Unione viviamo?” E forse, prima ancora, “viviamo in un’Unione?” Da una parte si chiede più mercato unico, per far scendere i prezzi dei servizi e far crescere la competizione. Dall’altra si invocano le leggi nazionali per far valere il principio (giusto) che le tasse si devono pagare laddove si fattura. Se l’obiettivo è superare la parcellizzazione dell’Europa e creare un mercato unico occorre essere coerenti e lavorare su tutti i fronti, dalla libera circolazione dei servizi, alla regolazione unica delle tariffe fino anche alle norme in materia fiscale. Altrimenti resteremo perennemente in mezzo ad un guado nel quale, a seconda di logiche di convenienza del momento, si deciderà in un senso o nell’altro, perdendo di vista questo obiettivo. Senza dimenticare, però, che ci piaccia o meno, che un mercato più allargato non potrà che favorire consolidamenti ed economie di scala.