Una sostenibilità “innovativa” è la sfida futura per le aziende sanitarie nazionali

Il rapporto OASI (Osservatorio sulle Aziende e il Sistema sanitario Italiano) presentato il 20 gennaio scorso da Cergas-SDA Bocconi delinea una sanità sostanzialmente sobria e in buona tenuta finanziaria. Nell’ultimo biennio (2009-2011) la spesa sanitaria pro-capite complessiva ha registrato un tasso di crescita medio annuo, in termini reali, dello 0,3% e si conferma tra i più bassi nell’EU-15; il disavanzo è in diminuzione  (-17,3% nel biennio 2011-2012), in particolare quello delle Regioni in Piano di Rientro; gli indicatori di appropriatezza si posizionano discretamente nel confronto internazionale e lo stato di salute della popolazione è tra i migliori nel gruppo di Paesi a modello beveridgiano.

Ci si interroga allora su quale sia il tallone d’Achille della sostenibilità del Ssn. Il gap nell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza e nella performance dei 21 sistemi sanitari regionali è una questione cruciale, e in questa cornice spicca una bassa propensione agli investimenti, sia per il rinnovo e lo sviluppo tecnologico e infrastrutturale, sia nell’organizzazione gestionale e dei servizi. Non è la cifra in sé – circa 59 euro pro-capite a livello nazionale – a suscitare perplessità: la quota di spesa destinata agli investimenti è infatti in linea con gli altri Big Ue. Quel che rileva – ancora una volta – è  la qualità della spesa, in una differenziazione interregionale aggravata dai ritardi nei pagamenti delle Regioni in Piano di Rientro.

In questi ultimi anni i mutamenti nell’architettura gestionale delle aziende sanitarie non sono certamente mancati, il più macroscopico è l’accorpamento sia da parte sia di ASL che di Aziende Ospedaliere, accompagnato alla condivisione di strutture e servizi. Dal rapporto emerge anche che le realtà più dinamiche hanno fatto leva sull’impiego della liquidità derivante dalla gestione reddituale per continuare ad investire, ma sia il contesto economico che un quadro epidemiologico e demografico in evoluzione richiedono più coraggio e capacità di adattamento ai processi innovativi richiesti. L’offerta sanitaria sta subendo una rimodulazione e la geografia dei servizi si sta spostando verso il territorio. La capacità di risposta alle domanda di nuovi bisogni di cura (intermedie e primarie) può essere senz’altro una cartina tornasole del livello di innovazione gestionale presente nelle aziende sanitarie. Dal rapporto OASI sappiamo purtroppo che le strutture fisiche sono spesso inadeguate a raccogliere la domanda di continuità assistenziale. Anche lo skill mix change, che presuppone un aggiornamento e una diversa pianificazione nell’organizzazione delle professionalità necessarie a questi cambiamenti, deve essere un altro segnale di coraggio. La realtà fotografata dal Rapporto OASI svela invece le riposte marcatamente emergenziali che molte aziende hanno fornito sinora e certamente le politiche di tagli al personale, il perdurare del blocco del turnover e i ritardi nella stabilizzazione dei precari non hanno agevolato questo processo.

La generale contrazione degli investimenti – secondo i curatori del Rapporto – mette un’ipoteca sul futuro ed un implicito debito sommerso, ed è probabile conseguenza – oltreché di una sfavorevole congiuntura economica – di un background culturale duro a morire, nonostante lodevoli eccezioni. In sostanza quella che prevale sembra essere “ la logica del governo dei fattori produttivi e non dei servizi, – osserva ancora Cergas –  la riduzione dei consumi dei singoli input, al di fuori di un’analisi degli output e degli outcome dei servizi: blocco delle assunzioni, contenimento della spesa per farmaci, medical device, beni e servizi e per le prestazioni erogate da produttori privati accreditati”.

Per le aziende sanitarie si prospettano anche altre sfide a livello gestionale, che vanno oltre la ristrutturazione dei luoghi fisici e lo skill mix change, e anche in questo caso l’approccio richiesto deve essere orientato allo sviluppo. In questo senso la valutazione delle performance è strategica, perché solo nel processo valutativo è possibile agganciare gli obiettivi aziendali di medio lungo periodo ai risultati conseguiti annualmente e fare il punto sull’impatto delle innovazioni introdotte. Di più “può consentire alle aziende, comprese quelle sanitarie, di fare il salto dalla mediocrità all’eccellenza, dall’accontentarsi di risultati soddisfacenti alla ricerca continua del miglioramento”.   In sostanza la sfida più grande che attende le aziende sanitarie nazionali è affrontare con coraggio – e gli strumenti imprenditoriali necessari – un cambiamento culturale e organizzativo indispensabile, senza che politiche miopi ostacolino il percorso già intrapreso.

Public Affairs e Comunicazione dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata in Scienze Politiche all’Università La Sapienza di Roma, ha lavorato come redattrice per l’agenzia Axia curando approfondimenti e articoli per i mensili Technet ed Atlante su temi di sviluppo sostenibile, responsabilità sociale d’impresa, finanza etica, terzo settore e nuove tecnologie.

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