Ce lo chiede l’Europa: aiuti di stato e rivalutazione di Bankitalia

Si torna a parlare del cosiddetto Decreto IMU-Bankitalia, convertito in legge qualche settimana fa nella seduta parlamentare della famigerata “ghigliottina”. In particolare tiene banco la richiesta del commissario europeo per la concorrenza di spiegazioni circa la rivalutazione delle quote della Banca d’Italia. Come è ormai noto, il decreto permette a Banca d’Italia di aumentare il proprio capitale a 7,5 miliardi di euro (dai 156 mila euro fissati nel 1936) utilizzando le proprie riserve statutarie. Contestualmente viene abbassato al 3 per cento del capitale il limite della partecipazione di ogni azionista. Altresì è previsto che le quote in eccesso siano redistribuite sul mercato a banche, imprese assicurative e fondi pensione con sede legale in Italia, o in alternativa alla stessa Banca d’Italia. Perplessità su questo intervento normativo sono state espresse dagli economisti di La Voce e Noisefromamerika, tra gli altri. L’intento dell’operazione è quello di rafforzare il patrimonio del sistema bancario e assicurativo, come è dichiarato anche dal gruppo PD della Camera: grazie a tale intervento “senza spendere neanche un euro del bilancio pubblico” (seppure questa affermazione non sia vera, vedasi Massimo d’Antoni) saranno “rafforzati” gli azionisti di Bankitalia. Già il 27 dicembre la BCE aveva espresso nel suo parere alcuni rilievi critici, in particolare circa il fatto che Banca d’Italia potesse anche temporaneamente riacquistare delle proprie quote presso gli azionisti, sottolineando che questo comportava “un trasferimento di risorse finanziarie agli azionisti” (§ 6). E si ammoniva che sebbene “Le modalità di tali operazioni non sono definite nel decreto legge, tuttavia esse, per quanto di carattere temporaneo, dovranno essere conformi a tutte le pertinenti normative dell’Unione.” (§ 6). A tal proposito la nota dolente, come evidenziato anche dalla denuncia Adusbef-Federconsumatori, riguarda il fatto che si possa prefigurare la circostanza di aiuti di stato, vietati in virtù dell’articolo 107 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. Il Trattato stabilisce infatti che “sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza” (corsivo aggiunto). Basta scorrere la lista dei partecipanti al capitale Bankitalia per rendersi conto che di questa rivalutazione beneficeranno talune banche e talune assicurazioni (vedi lista). Probabilmente la soluzione più semplice sarebbe quella di non prevedere che Banca d’Italia riacquisti le quote dagli azionisti privati e che invece siano solo gli operatori privati sul mercato a comperarle; ma una tale situazione lascia un ampio margine di incertezza sul valore di quelle quote (con il Decreto di fatto si stabiliva per legge il loro valore minimo) e quindi sulla prospettata ricapitalizzazione di cui gli azionisti attuali potranno godere. In tale complessità torna purtroppo alla mente il maquillage normativo e politico dell’affaire Alitalia/CAI; anche in quel caso furono evidenziati e denunciati alcuni aspetti che avevano a che fare con la circostanza di aiuti di Stato. Chissà se l’Italia renziana di oggi rispetto a ieri #cambiaverso.

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