Questa sera in prima tv “assoluta” Canale 5 trasmetterà La Grande Bellezza, il film di Paolo Sorrentino che si è appena aggiudicato il premio Oscar come miglior film straniero.
Il gruppo Rti-Mediaset tramite Medusa Film ha coprodotto il film con la Indigo Film di Francesca Cima e Nicola Giuliano – la migliore factory indipendente del nostro Paese che ha creduto nel regista napoletano sin dal film di esordio – e lo ha distribuito in sala a partire da maggio con discreti risultati di box office (circa 7 milioni di euro di incasso) oltre ad averlo rilasciato anche in dvd e in svod sulla neonata piattaforma streaming web Infinity.
La decisione di Mediaset di saltare la finestra pay e mandare in onda il film a soli 10 mesi dall’uscita in sala rompendo il tradizionale schema di sfruttamento temporale – che prevede un intervallo di 24 mesi per la programmazione sulla free tv- ha suscitato un acceso dibattito tra gli operatori del settore. Ad opporsi in modo compatto sono state le sigle dell’esercizio cinematografico da quelle d’essai fino ai grandi complessi multiplex (Anec, Fice, Anem) le quali hanno sottolineato come l’alterazione della “gerarchia delle finestre” non solo ridurrà in modo sostanziale l’appeal della riproposizione in sala ma provocherà diseconomie in tutti i segmenti della filiera. L’indubbio valore promozionale per la serata-evento televisiva (a seguire in seconda serata e sempre in prima tv è prevista la programmazione di This Must be The Place, precedente opera di Sorrentino con Sean Pean) rischia infatti di tradursi in una forte attenuazione del potenziale economico cinematografico.
Va detto che in tutti i mercati occidentali (Stati Uniti inclusi) già da alcuni anni si registra una forte pressione da parte degli studi cinematografici, dei broadcaster e degli operatori Over The Top per una revisione della cronologia dei media nel senso di un deciso accorciamento della finestre di sfruttamento del prodotto cinematografico a fronte del moltiplicarsi dei canali di fruizione anche in mobilità.
Se da un lato vi è una legittima tendenza ad andare incontro alle esigenze di un pubblico sempre più esigente ed abituato a fruire di contenuti audiovisivi hic et nunc non si può trascurare la rilevanza strategica del segmento theatrical tenendo conto che il successo in sala in termini di spettatori ed incassi è ancora il principale indicatore sul quale le televisioni determinano il prezzo di acquisto dell’opera per gli sfruttamenti successivi.
In questo contesto vanno tuttavia evidenziati due fattori critici che rischiano di mettere pesantemente in crisi l’economia del cinema e di provocare una inversione di tendenza nella quota di mercato domestica una delle più alte nel mondo. Da un lato si assiste ad un decremento degli investimenti in produzione cinematografica sotto forma di acquisto e preacquisto da parte dei broadcaster i quali nonostante la contrazione dei ricavi pubblicitari restano i principali finanziatori del cinema italiano. Alla base della scelta di Mediaset vi è probabilmente il tentativo di valorizzare, attraverso la costruzione di un evento ad hoc, un’opera cinematografica di qualità in una fase in cui vi è la massima attenzione e curiosità da parte del pubblico generalista (gran parte del quale probabilmente non sarebbe comunque andato a vedere quel film in sala) in modo da puntare a grandi ascolti ed ingenti introiti pubblicitari. Una scelta che va letta anche alla luce delle difficoltà che il gruppo ha sull’offerta pay (Mediaset Premium).
Dall’altro negli ultimi anni una certa tipologia di prodotto “medio” nazionale fa sempre più fatica a trovare il suo pubblico a causa della profonda mutazione “genetica” del nostro parco sale (peraltro ancora non del tutto digitalizzato) che negli ultimi 10 anni ha visto una progressiva desertificazione delle sale urbane (quasi tutte monoschermo) a vantaggio delle multisale e multiplex localizzati nelle periferie delle grandi città dove ormai transita oltre la metà del box office nazionale.
Il riaccendersi del dibattito sulle finestre costituisce una buona occasione per far sedere nuovamente attorno ad un tavolo tutti gli operatori della filiera per trovare un accordo coerente con le logiche e l’evoluzione dell’attuale mercato.
Le finestre infatti sono regolate da accordi tra le stesse associazioni di categoria rappresentative dei vari pezzi della filiera, ad accezione della Francia dove il sistema di windowing è disciplinato da una legge. Si potrebbe puntare ad esempio ad una fase transitoria dove sperimentare forme flessibili di uscita nei canali successivi alla sala in cambio di maggiori garanzie contrattuali e una più forte autonomia nella gestione delle teniture in sala da parte dei distributori a favore degli esercenti nell’ottica di una più efficace valorizzazione di tutte le forme di sfruttamento del film. Incluso il video on demand, mercato che in Italia è ancora embrionale ma che in altri mercati registra elevati tassi di crescita contribuendo a ridurre l’offerta illegale di film sulla rete.