Il caso Avastin-Lucentis, come il caso Stamina, trae origine dalla legislazione sull’utilizzo di farmaci off label (fuori etichetta) o per uso compassionevole, ossia quei farmaci che non hanno una registrazione per il trattamento di una specifica patologia, o addirittura per farmaci che non hanno ancora alcuna autorizzazione, ma che vengono comunque somministrati per mancanza di alternative terapeutiche. La legislazione italiana, come quella degli Stati più avanzati, permette di utilizzare questa via per garantire il diritto alla salute da parte del cittadino-paziente che di fatto si trova senza una via di uscita.
Ma l’off label rappresenta, al tempo stesso, una opportunità e un rischio. L’opportunità sta nella possibilità di poter trattare patologie altrimenti senza alcuna soluzione, con una terapia che potrebbe essere efficace o quantomeno migliorativa delle condizioni della persona malata. Ma dall’altro lato rappresenta un rischio, perché il Sistema si trova nella difficile condizione di dover valutare l’opportunità dell’efficacia attesa e la sicurezza della persona malata, in assenza di studi clinici specifici.
Oltre alla difficile condizione in cui si trova il legislatore, l’off label apre continuamente contenziosi tra pazienti in attesa di cure, sistemi di valutazione (che possono essere più o meno efficienti, ma comunque limitati soprattutto in assenza di evidenze cliniche chiare), e aziende produttrici di farmaci per via della possibile presenza di comportamenti opportunistici.
Il caso Avastin-Lucentis, come pure il caso Stamina, se pur partendo da situazioni differenti, sono generati da questo rischio-opportunità dell’utilizzo dell’off-label, attorno al quale si intrecciano i limiti del sistema:
– non presenza di studi clinici approfonditi e tempi non immediati per la produzione di evidenze (Stamina);
– possibilità del produttore di non procedere a studi registrativi (non è obbligato per legge a farlo), che può innescare un comportamento collusivo tra aziende, evitando di effettuare studi clinici per immettere sul mercato un nuovo farmaco più efficace e/o più economico (Avastin-Lucentis);
L’incapacità del sistema di poter reagire tempestivamente risiede nel fatto che:
– AIFA non è tenuta a procedere autonomamente con studi registrativi, o costringere l’Azienda;
– l’Antitrust – al fine di evitare collusioni e cartelli – può e deve intervenire, ma può farlo su un abuso conclamato ed esercitato, potendolo denunciare a posteriori.
E’ chiaro che è possibile lanciare allarmi da parte di Aifa, come pure avere un riscontro più tempestivo dell’Antitrust, ma per rendere il sistema più efficace nell’evitare queste problematiche, è necessario cambiare le regole del gioco, dando più potere di intervento all’Agenzia del Farmaco.
Nell’ottica di una generale strategia di riforma della legislazione sull’off label e sull’Agenzia del Farmaco, dunque, più che abolire la prima (che va mantenuta proprio per il carattere garantista del nostro sistema sanitario) o valutare negativamente l’operato dell’attuale dirigenza della seconda (che opera all’interno di un sistema di regole stabilito a priori), bisogna riformare il ruolo dell’Agenzia del Farmaco, potenziandone le capacità di intervento al fine di ridurre al massimo i tempi di incertezza sull’efficacia delle terapie, e dotandola di un potere di intervento maggiore per evitare comportamenti opportunistici tra le aziende.