Prevenzione – prevenzione – prevenzione! Un MUST per migliorare la salute dei cittadini, risparmiare risorse e riqualificare la spesa

Come nel dilemma tra l’allocare risorse per  l’emergenza civile o dotarsi di procedure e precauzioni che limitano i danni di disastri ambientali, sfamare chi non ha da mangiare o dotarlo di mezzi per procurarsene, così per la salute si assiste da sempre al dilemma tra l’impiego di risorse per cura o prevenzione.

E’ chiaro che non si può scegliere solo l’uno o solo l’altro, ma investire risorse idonee a prevenire i danni alla salute provocati dagli scorretti stili di vita e da cattive abitudini, porta a ridurre sensibilmente la spesa sanitaria nel medio periodo, potendo investire parte del risparmio in riqualificazione della spesa, dando così maggiori risposte a bisogni assistenziali ad oggi ancora non soddisfatti.

Purtroppo le ASL Italiane sono ben lontane dall’investire il 5% del loro budget – come da indicazioni a livello nazionale – alla prevenzione. Da uno studio condotto da Farmafactoring sul tema, si evince che tra le Aziende rispondenti al questionario, la cifra si aggira tra l’1,2% e il 3,4% delle risorse utilizzate.

Personalmente considero che, nonostante ci siano seri problemi nella capacità di Accounting e controllo dei dati economici di molte ASL Italiane, l’ammontare di risorse destinato alla prevenzione sia senza dubbio esageratamente basso.

L’impiego di risorse in prevenzione è un investimento a medio/lungo termine, e come tutti gli investimenti di questo tipo è vittima di una vera e propria sottovalutazione da parte di amministratori legati a doppio filo alle sorti della politica regionale, come nel caso della direzione delle ASL, per via dello scarso ritorno di immagine. I benefici dell’investimento in prevenzione – infatti – sono visibili in un periodo troppo lontano rispetto al “momento” della spesa delle risorse, e il riscontro avviene in un arco temporale più ampio dei cicli elettorali.

Eppure, proprio le politiche di prevenzione – oltre al beneficio correlato a un migliore stato di salute del cittadino – portano un beneficio economico diretto, riducendo nel medio-lungo termine la spesa sanitaria per la cura delle patologie più comuni che insistono sulla salute dei cittadini.

Spinta dalla crescita della popolazione anziana, allo stato attuale la spesa sanitaria crescerà inesorabilmente fino al 2040, per via della continua crescita della fascia di popolazione over-55. A una proiezione di questo tipo sembra non ci sia “possibilità di appello” con interventi di policy per ridurre la spesa e dare respiro alla finanza pubblica. Ma un incisivo e generalizzato investimento in prevenzione porterebbe a ridurre la spesa sanitaria e assistenziale legata semplicemente alle patologie derivanti da scorretti stili di vita, dunque prevenzione primaria.

Gli scenari portano a ipotizzare un risparmio del 25% delle spese mediche legate alle patologie derivanti da scorretti stili di vita se solo l’Italia allineasse i suoi investimenti in prevenzione a quelli della media dei Paesi Ocse, che aprirebbe – inoltre – la strada per una sostanziale riqualificazione della spesa sanitaria. Tutto ciò potrebbe creare una spirale virtuosa di rendimento della spesa in sanità, migliorando le cure, la salute della popolazione, la loro fiducia nel sistema sanitario e nel Paese, e potendo salvare complessivamente 8 miliardi dal ritardo delle patologia di 20 anni, entro il 2045.

Serve dunque più coraggio, ed è buona la soluzione prospettata dal CEIS di creare un fondo ad hoc derivante dalle risorse ottenute dai tagli di spesa del 2013 e 2014. E’ inoltre utile comunicare adeguatamente ai cittadini il beneficio di medio termine di un intervento di questo genere, per sensibilizzare l’opinione pubblica ad apprezzare il valore di un tale intervento a prescindere dai risultati immediati.

Coordinatore Scientifico Area Innovazione dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Ha conseguito un Dottorato di Ricerca in Economia e Gestione delle Aziende Sanitarie dell’Università Cattolica, e un MA in European Economic Studies al College of Europe di Bruges.