L’attuale XVII legislatura annovera ben sei disegni di legge in materia di riordino delle professioni sanitarie, tra questi il DL 1324 – così detto Decreto “Omnibus” – firmato dal Ministro Beatrice Lorenzin e approdato al Senato da poco più di un mese. L’articolo 3 del DDL effettua – si legge- un’operazione di “ammodernamento della disciplina ordinistica delle professioni sanitarie in una dimensione anche globalizzata”, con un intervento di riordino e riassetto della vigente normativa, risalente a quasi settant’anni fa (capi I,II e III del D.lgs 233/1946). L’obiettivo dichiarato è assai ambizioso perché mira a “incidere sul corretto funzionamento concorrenziale del mercato e sulla competitività del Paese”, avviando il “superamento del sistema che non risulta essere più aderente alle esigenze odierne, soprattutto mantenendone la funzionalità nell’interesse dei cittadini e degli utenti”. Le disposizioni principali riguardano:
– Il complessivo riordino delle professioni sanitarie di medico-chirurgo, medico-veterinario e farmacista, biologo e psicologo, inserendo questi ultimi nell’ambito delle professioni sanitarie;
– La trasformazione in Ordine – da costituirsi in ogni provincia o città metropolitana – degli albi delle professioni sanitarie-infermieristiche, ostetricia, e tecnico sanitarie di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, accorpandovi anche l’attuale albo degli assistenti sanitari;
– Ordini rappresentati a livello nazionale dalle relative Federazioni regionali e nazionali, con il livello nazionale competente in materia di indirizzo e coordinamento e supporto amministrativo, oltreché di aggiornamento e rafforzamento dei codici deontologici;
– Definizione degli Ordini come organi sussidiari dello Stato – potenziale vera novità – dotati di autonomia patrimoniale, finanziaria, regolamentare e disciplinare senza che a questa nuova configurazione si estendano le norme di contenimento della spesa pubblica;
– Accorpamento dei dirigenti inquadrati nelle professionalità sanitarie nell’unico livello della dirigenza sanitaria del Ministero della Salute;
– Più rigidità nel contrasto all’esercizio abusivo della professione (art. 5) con pene più severe e confisca dei beni (mobili e immobili) utilizzati per commettere il reato;
– Agevolazione dell’ingresso dei giovani specializzandi alla professione medica (art.7), “all’interno delle attività ordinarie delle unità operative delle aziende sanitarie del SSN facenti parte della rete formativa”.
Non sembra che tuttavia le proposte – stando così il testo – abbiano una portata tale da incidere positivamente sui meccanismi di corretto funzionamento concorrenziale del mercato e sulla competitività del sistema, come auspicato nell’Analisi sull’Impatto della Regolamentazione che accompagna il DDL. Anche prescindendo dal fatto che si tratta di un riordino e non di una vera e propria riforma dell’attuale impianto normativo (datato e quindi necessariamente da superare), mancano a tutt’oggi tasselli fondamentali per una vera svolta anche nella sistematizzazione delle professioni. Il 24 marzo, in una lettera intersindacale inviata a Presidente del Consiglio, Ministri della Salute e della Semplificazione e Pubblica Amministrazione, Presidente della Conferenza Stato-Regioni e Coordinatore della Commissione Salute, i rappresentati di 18 sigle chiedono che i professionisti sanitari non siano esclusi da temi prioritari per la tenuta del sistema.
Si tratta proprio degli stessi temi che sono i nodi cruciali su cui la politica sembra da tempo impantanata e che rischiano ancora una volta di rimanere sullo sfondo di altri interventi normativi. Nella lettera si sollecita un intervento su cinque questioni: il rinnovo del contratto di lavoro di medici e dirigenti, la legge sulla responsabilità professionale, il riconoscimento della peculiarità della dirigenza sanitaria e medica, la questione del precariato che si accompagna sempre al blocco del turn over e si lega al tema della formazione specialistica. Proprio su questo aspetto, un’indagine condotta da Anaoo Assomed aveva evidenziato la necessità di rivedere il sistema formativo italiano e ridefinire a livello nazionale i fabbisogni specialistici (da parte regionale) e quindi la programmazione sanitaria. Nei prossimi 10 anni ci saranno 15.000 medici in meno ad operare nel Ssn, a causa anche della contraddizione tra un crescente numero annuo di laureati in medicina, da un lato, e la riduzione dei posti nelle scuole di specializzazione, dall’altro. In generale poi, dal 2007 ad oggi, per tutti i 22 profili delle quattro aree delle professioni sanitarie vi è stato un calo nel tasso occupazionale medio di 24 punti percentuali (dati del rapporto Almalaurea 2014).
Non sembra a dire il vero una buona prospettiva per guadagnare terreno sul tema della competitività, perché senza un Patto della Salute definito e senza avere idea del “se” e del “come” saranno investiti eventuali risparmi in sanità, i dubbi espressi dai professionisti sembrano più che legittimi. L’ammodernamento auspicato dal DDL Lorenzin, che per alcuni non sembra comunque mutare la vecchia idea di corporazione alla base delle professioni sanitarie, rischia di apparire un’ennesima operazione di make up e disattendere le intenzioni degli stessi firmatari della proposta, in assenza di una svolta concreta su temi più impattanti e che da tempo richiedono di essere affrontati.