La sfida di una nuova politica farmaceutica italiana passa attraverso la scelta tra una AIFA nazionale e una AIFA delle Regioni

Fin quando non si da un chiaro imprinting al ruolo di AIFA e alla sua governance, non risolveremo mai il problema della certezza delle regole, uniformità di accesso alle cure e tempestività nelle scelte. Con il federalismo sanitario infatti si è introdotta – purtroppo – una situazione di incertezza nella determinazione delle regole che sottendono alla scelta dei farmaci da utilizzare (accesso) e alle regole per avviare sperimentazioni (ricerca e sviluppo). In più occasioni, anche con le ricerche dell’Istituto per la Competitività, è stato mostrato come questo governo Stato-Regioni della politica farmaceutica abbia fatto sedimentare incoerenze strutturali nel sistema sanitario italiano.

Il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin – da Abbvie – interviene drasticamente su questo problema. Parla appunto di una nuova AIFA che sia garante di una politica del farmaco “nazionale e non regionale”. Il messaggio è di cambiare passo, sottraendo l’AIFA dai veti regionali, portando la sua competenza sul territorio nazionale e nelle singole Regioni. In effetti queste già fanno parte di AIFA e la contraddizione più stridente è la capacità di queste ultime di contraddire, sul proprio territorio, quanto deciso da una istituzione di cui loro stesse fanno parte.

E’ necessario ridisegnare – una volta per tutte –  il ruolo dell’Agenzia Italiana del Farmaco. Arrivare ad avere tempi più rapidi nell’avvio delle sperimentazioni, nella disponibilità dei farmaci immessi nel Prontuario Farmaceutico Nazionale per tutte le strutture sanitarie del territorio italiano, regole certe sul pricing e sul rimborso, e avere la capacità di introdurre rapidamente – e in maniera più omogenea – aspetti innovativi e più complessi del pricing che avvicinino i risultati del monitoraggio continuo dell’efficacia e sicurezza con le licenze e il rimborso (adaptive licencing  e adaptive reimboursement).È necessario potenziare AIFA e rendere le sue scelte immediatamente efficaci su tutto il territorio nazionale.

Queste soluzioni sarebbero in grado di invertire la rotta degli investimenti e dello sviluppo per l’industria del farmaco nel nostro Paese. E’ nota la farraginosità delle regole di recepimento dei medicinali, i cui tempi di approvazione di fatto variano sensibilmente nel territorio nazionale all’interno di ciascuna Regione ed è noto come tutto ciò costituisca una zavorra sia per l’accesso alle cure che per l’innovazione.

Inoltre, le imprese del farmaco hanno una spiccata vocazione all’innovazione e proprio per questo occorrono nuove regole che siano in grado di attrarre gi investimenti in R&S di multinazionali ma anche di piccole e medie imprese non solo nel nostro Paese, ma in tutta Europa, al fine di rilanciare la competitività dell’area rispetto agli stessi USA e ai Paesi emergenti.

Per il Ministro occorre quindi un’agenzia  più simile alla FDA statunitense, che possa garantire una politica del farmaco unica e omogenea in tutto il Paese e che contrasti innanzitutto le tendenze centrifughe in atto ormai dal 2001, in assenza di una regia unica nell’iter di recepimento dei nuovi farmaci.

Qualche passo in avanti è stato fatto, con l’approvazione del decreto che consente la riduzione dei tempi di registrazione di farmaci innovativi in 100 giorni, anche se costituiscono comunque un ostacolo alla velocizzazione dell’iter sia le tempistiche regionali che il meccanismo di funzionamento dell’Agenzia stessa. Ne è esempio il fatto che non vi siano riunioni ravvicinate delle commissioni e che i componenti non siano interamente dedicati al loro compito.

In definitiva, è giusto pretendere una riforma dell’AIFA, ma quest’ultima, per essere efficace, deve potenziare le competenze dell’agenzia stessa, rendendo le sue decisioni (con la partecipazione di tutte le Regioni) immediatamente efficaci su tutto il territorio nazionale.

Coordinatore Scientifico Area Innovazione dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Ha conseguito un Dottorato di Ricerca in Economia e Gestione delle Aziende Sanitarie dell’Università Cattolica, e un MA in European Economic Studies al College of Europe di Bruges.

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