Scatterà il prossimo 6 giugno l’obbligo di fatturazione elettronica per le forniture a ministeri, agenzie fiscali ed enti di previdenza, mentre l’obbligo di fornitura verso tutte le altre pubbliche amministrazioni è posticipato al 31 marzo 2015.
La fatturazione elettronica, insieme all’anagrafe nazionale ed all’identità digitale, rappresenta uno degli strumenti indispensabili alla digitalizzazione della P.A. ed un’opportunità per realizzare, secondo le stime effettuate, un risparmio potenziale di diversi miliardi di euro (si parla di un risparmio di 7 euro a fattura se gestita in formato elettronico e 5,2 euro per ogni singolo documento vidimato con una firma elettronica).
Con l’entrata in vigore dell’obbligo ormai dietro l’angolo, sono tuttavia in corso numerosi tentativi tesi ad ottenere una proroga tale da consentire una correzione di quelle norme che potrebbero bloccare i pagamenti alle imprese che forniscono beni e/o servizi alla P.A.
Ci si riferisce, in particolare, alle norme che prescrivono l’inserimento in fattura dei codici Cig (Codice identificativo di gara) e Cup (Codice unico di progetto) – ossia dei codici che in un’ottica di maggior efficacia ed efficienza dovrebbero consentire di monitorare l’avanzamento della spesa sui singoli progetti – e che prevedono, in caso di mancato inserimento degli stessi, il blocco dei pagamenti nei confronti dell’impresa incorsa nell’omissione.
Nonostante l’indubbia utilità di tali codici, le criticità sono numerose e rischiano di determinare un grave pregiudizio alle imprese. Ed infatti, pur non considerando le problematiche collegate ai tempi per l’adeguamento dei sistemi informatici, è necessario considerare che i fornitori potrebbero non essere in possesso dei codici non per una propria responsabilità o negligenza, ma perché la legge non impone alla P.A. la comunicazione di tali codici. È chiaro, dunque, che subordinare il pagamento all’inserimento nelle fatture dei codici Cig e Cup rischia, in mancanza di doveri in capo alla P.A., di generare un paralisi nel sistema a tutto svantaggio delle imprese fornitrici.
Ci troviamo, dunque, ancora una volta di fronte alla necessità di rimettere mano ad una normativa troppo spesso frutto di una riflessione poco attenta ed organica che rischia di farci ancora sottrarre prezioso tempo all’ideazione e realizzazione di quelle riforme indispensabili al rilancio del paese.