La scorsa settimana, il Ministero dello Sviluppo Economico ha presentato agli stakeholder del settore energetico le priorità del programma della presidenza italiana per il settore energia. Naturalmente, molti temi erano scontati, perché già preannunciati da interventi della Commissione o da decisioni intergovernative risalenti all’ultimo anno. Tuttavia, appare interessante svolgere alcune considerazioni.
Innanzitutto, il semestre sarà pure breve, un po’ perché tutti i secondi semestri lo sono, stretti tra l’estate e il Natale ma soprattutto per via del rinnovo delle principali istituzioni UE, di cui le elezioni del Parlamento europeo di maggio non sono state che il primo step di un’articolata partita di domino. Ma le scadenze in agenda sono tante e importanti, dal completamento del mercato interno all’assessment del mercato retail, dalla strategia 2030 alla review delle misure per l’efficienza energetica. In più, è vero che la coincidenza con lo stadio primordiale di un nuovo ciclo di vita istituzionale a livello europeo rappresenta un limite ma occorre anche avere il coraggio di vederlo come una grande opportunità per contribuire a influenzare un dibattito che proseguirà inevitabilmente oltre il breve orizzonte della presidenza italiana.
In questo senso, si sarebbe forse potuto osare un po’ di più nella scelta dei temi, uscendo dal seminato almeno su 2-3 temi strategici. Con l’evidente rischio di arricchire eccessivamente un’agenda pre-compilata già ambiziosa ma anche con l’opportunità di lanciare il dibattito su temi rilevanti per il nostro sistema. Ad esempio, si sarebbe potuto dedicare maggiore spazio ai temi dell’industria (affrontati, peraltro con giusta attenzione, solo con riferimento specifico alla raffinazione, settore in crisi nel quale siamo per tradizione uno dei Paesi leader) e a quelli della ricerca, sui quali ospiteremo a dicembre una conferenza del SET-Plan che sarà decisiva per passare finalmente dalle parole ai fatti rispetto a investimenti pubblici e privati previsti per molte decine di miliardi di euro.
Anche se dobbiamo senz’altro apprezzare e non era affatto scontato, perché poteva esaurirsi nel tema della sicurezza, il focus sulla dimensione esterna della politica energetica europea, al quale viene data pari dignità rispetto alle altre 3 direttrici, la strategia clima/energia, la sicurezza degli approvvigionamenti e il completamento del mercato interno. Per noi, e nel programma viene opportunamente esplicitato, il tema della dimensione esterna trova uno snodo fondamentale nel Mediterraneo, che oggi più che mai ha bisogno di attenzione (evidentemente non solo sui temi energetici, dai quali passano però per forza di cose le prospettive di sviluppo più concrete della sponda Sud e non solo).
Così come scontato non era il riferimento alla strategia Europa 2020 sulla crescita e occupazione. Purché si facciano rientrare quantomeno dalla finestra i temi dell’industria e della ricerca, nei quali il settore energetico italiano con tutto il suo indotto (si pensi a tutto ciò che ruota intorno all’efficienza energetica) ha senz’altro un ruolo da giocare. Se infatti l’attenzione verso i temi dell’industria si concentra a livello europeo esclusivamente su settori in difficoltà se non in vera e propria agonia, appare difficile immaginare un futuro all’avanguardia per il nostro Continente.
Dunque, il programma della presidenza italiana appare di buon senso ma, senza qualche scarto laterale, difficilmente potrà incidere realmente sulla politica energetica europea. Occorre invece sfruttare il possibile cambio di passo delle istituzioni comunitarie, distribuendo un nuovo mazzo di carte. Dopodiché occorre anche avere la fortuna che futuri mazzieri e giocatori svolgano il loro compito diversamente dal passato. Ma almeno proviamo a fare la nostra parte al meglio.