Qualche proposta per razionalizzare le Authority senza gettarle nel caos

Prosegue lentamente alla Camera, senza essere approdato ancora in Aula, il cammino del Decreto Legge 90 sulla Pubblica Amministrazione. Una notizia non così negativa per chi si propone di far riflettere meglio il Legislatore su alcune scelte compiute nel Decreto che appaiono piuttosto discutibili. Come, a parere di chi scrive (e non solo), è l’attuale formulazione dell’art.22, che si occupa della “razionalizzazione delle Autorità indipendenti”. Ad esserne investite sono l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, il Garante per la protezione dei dati personali, l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, la neonata Autorità di regolazione dei trasporti, la CONSOB, la Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione e l’Autorità nazionale anticorruzione. Dunque, un macrocosmo di diritti garantiti, settori regolati e poteri di controllo che investe la vita di 60 milioni di italiani e, direttamente ma soprattutto indirettamente, l’intero sistema economico del Paese.

Discutibile, dunque, appare innanzitutto la scelta di racchiudere una riforma sostanziale del modello di funzionamento delle autorità nello spazio di un articolo di un decreto legge (anziché in un provvedimento ad hoc o quantomeno nel disegno di legge delega sulla PA recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri e che approderà presumibilmente a settembre in Parlamento). Tra l’altro, se l’urgenza poteva essere motivata dalla volontà di conseguire rapidamente risparmi di spesa, occorre tener conto che le Autorità non pesano, se non in misura minima, sul bilancio dello Stato, essendo in gran parte finanziate dalle imprese (nella misura complessiva del 96,5% circa delle uscite, stando agli ultimi bilanci pubblicati). Detto questo, come hanno convenuto all’unanimità i rappresentanti delle autorità, i parlamentari e gli altri soggetti che hanno animato nei giorni scorsi una discussione informale promossa sul tema da I-Com, è giusto dare un segnale di cambiamento al Paese in un momento come questo.

Occorre però anche riflettere bene su quali canali fare scorrere i flussi del cambiamento prossimo venturo. Se ci si limita ai tagli di spesa, nessuno mette in discussione che le Autorità debbano continuare a partecipare attivamente al processo di spending review, come richiesto a tutte le amministrazioni pubbliche, nessuna esclusa. Ma allora perché non imporre un semplice obiettivo di riduzione, in linea con quelli previsti per le altre amministrazioni, lasciando alle Authority la libertà di disporre come conseguirlo? In questo modo si conseguirebbe lo stesso risultato senza pregiudicare l’indipendenza delle Autorità, rischiando soprattutto su alcune di mettersi in conflitto con le norme europee che ne tutelano l’autonomia dal potere politico. Peraltro non è affatto scontato che, intervenendo nei singoli capitoli di spesa o addirittura su alcuni presupposti tutti da dimostrare e soprattutto da quantificare (la convenienza economica di una sede unica in una sola città, con tutta evidenza Roma), non si ottengano effetti opposti a quelli auspicati. Che risulterebbero ad esempio dai prevedibili ricorsi dei dipendenti, trasferiti d’ufficio dall’attuale sede di lavoro a un’altra collocata a centinaia di chilometri di distanza, e dalle indennità di trasferta che dovrebbero essere inevitabilmente pagate, almeno per un lungo periodo transitorio.

In questo senso, l’emendamento del relatore Fiano rappresenta un tentativo apprezzabile di miglioramento della norma. Ma, richiedendo nel giro di un solo anno il rispetto di alcuni parametri stringenti (in particolare, oltre al fatto che le sedi siano ospitate in un immobile di proprietà pubblica o in uso gratuito, la presenza di personale non inferiore al 70% nella sede principale e il rispetto di un limite del 20% per le sedi secondarie, le trasferte e le missioni sulla spesa totale complessiva), si presta a un’applicazione irta di ostacoli. Peraltro, secondo il testo dell’emendamento sembrerebbe che il rispetto dei requisiti indicati debba avvenire entro un anno dalla conversione della legge e non nel corso dell’anno successivo. Se così fosse, è di tutta evidenza come sia difficile se non impossibile scattare una foto dei bilanci nel corso dell’anno anziché alla fine (con tutti i rischi del caso per la concreta applicazione della norma). Inoltre, l’emendamento viene incontro all’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico e all’Autorità di regolazione dei trasporti ma non toglie le castagne dal fuoco all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che ha due sedi più distribuite a Napoli e a Roma (con quasi il doppio dei dipendenti delle altre due Autorità messe insieme). E’ facile prevedere che l’operatività dell’Authority per le comunicazioni ne risulterebbe totalmente compromessa per un lungo tempo.

Se davvero si vogliono applicare i criteri (in larga parte ragionevoli) dell’emendamento Fiano occorre prevedere tempi di transizione diversi, che possono essere di 1 anno (purché il check si faccia più ragionevolmente alla fine del 2015, sul bilancio consolidato dell’intero esercizio finanziario) per le Autorità dell’energia e dei trasporti ma necessariamente più lunghi per l’Autorità delle comunicazioni. Per la quale il legislatore dovrebbe preoccuparsi anche di affrontare una volta per tutte il tema della sede principale, sulla carta a Napoli ma oramai di fatto a Roma, che si trascina fin dall’istituzione.

Ma accanto e con ogni probabilità più in alto rispetto alla direttrice di cambiamento che passa per i tagli di spesa si pone il tema dell’efficienza e dell’efficacia delle autorità. Detto che, se attuati in base al testo originale del decreto, i tagli veri o presunti di spesa così configurati potrebbero seriamente minacciare sia l’efficienza che l’efficacia delle autorità, si potrebbe sfruttare l’occasione per immaginare un cambiamento davvero positivo rispetto ad oggi.

Ad esempio, intervenendo sui criteri di nomina, rafforzando le garanzie sul fatto che vengano prescelti profili di livello adeguato. Una delle diverse innovazioni possibili potrebbe essere quella di designare i commissari in periodi sfalsati l’uno dall’altro, da un lato per limitare l’incertezza amministrativa e regolatoria (con conseguente impatto economico positivo), dall’altra per rendere più difficili spartizioni, spesso al ribasso, tra le diverse forze politiche, che di volta in volta dovrebbero concentrarsi solo su un posto da riempire.

Inoltre, se si vuole impedire il costituirsi di un mandarinato tecnico che si contrapponga quasi sindacalmente al personale politico, piuttosto che promuovere un meccanismo di reclutamento unico che farebbe venire meno uno dei presupposti fondamentali delle Autorità, l’elevata specializzazione tecnica, sarebbe certamente più efficace immaginare un term limit non solo per i commissari ma anche per gli alti dirigenti delle Autorità. Tuttavia, le norme draconiane sull’incompatibilità introdotte sempre dall’attuale testo dell’art.22 si muovono in direzione opposta, prevedendo non solo per i commissari ma anche per i dirigenti a tempo indeterminato un periodo di cooling off di 4 anni per incarichi direttamente o indirettamente legati ai soggetti precedentemente regolati. E senza stabilire forme di compenso previste in altri ordinamenti.

Ma per evitare che le Autorità finiscano in un unico calderone e per consentire che il prossimo refolo di cambiamento avvenga a ragion veduta, l’innovazione più importante sarebbe quella di costruire una metodologia per valutare appunto l’efficacia e l’efficienza di ciascuna Autorità. Perché se è giusto che gli obiettivi vengano decisi dalla politica e gli strumenti (diversamente da quello che prevede l’attuale testo dell’art.22 ma in linea con il diritto comunitario) vengano lasciati alle Authority, è corretto che sempre la politica (ma anche l’opinione pubblica) possa controllare la coerenza tra gli strumenti e gli obiettivi. Sulla valutazione dell’operato delle autorità indipendenti (ma anche di tutte le altre pubbliche amministrazioni) si gioca la vera novità che potrebbe venire dal Governo Renzi con i provvedimenti sulla PA. Cari Legislatori, non lasciatevi sfuggire l’occasione, se volete cambiare in positivo le autorità indipendenti.

Presidente di I-Com, Istituto per la Competitività, think tank che ha fondato nel 2005, con sede a Roma e a Bruxelles (www.i-com.it). Docente di economia politica e politica economica nell’Università Roma Tre.

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