Per il secondo anno consecutivo Breaking Bad la serie tv creata da Vince Gilligan (coautore anche di X Files) e giunta alla sua quinta stagione ha sbancato gli Emmy Awards, gli Oscar della televisione, aggiudicandosi tutti i premi più significativi riservati alle serie drammatiche (migliore serie come l’anno scorso, migliore attore protagonista e migliori attori non protagonisti). Nel corso del rito più importante della televisione americana ha ottenuto importanti riconoscimenti anche Modern Family, premiata come migliore serie non drammatica. A gareggiare con le vincitrici figuravano serie cult come Il trono di spade, House of Cards II, Downton Abbey, Mad Men e True Detective.
Vista sotto il profilo dell’analisi del mercato e delle prospettive di sviluppo dell’industria dei contenuti audiovisivi sulle quali ci siamo soffermati anche nell’ultimo post prima della pausa estiva, l’edizione n° 66 degli Emmy certifica l’avvio di una Golden Age del settore paragonabile a quella avviata negli anni ’90 da emittenti “premium cable” quali Hbo, Showtime, Amc e Starz nei confronti dei network tradizionali come Abc, Fox e Nbc. Le produzioni in gara infatti testimoniano di una ricchezza e varietà di generi associate ad una qualità tecnica ed artistica nella scrittura e nella recitazione. Basta scorrere la lista degli attori nominati a questa edizione degli Emmy per renderci conto di come siano cauti completamento gli steccati con il mondo Hollywood. Notiamo personaggi che solo pochi anni fa sarebbe stato impensabile immaginare in una serie televisiva, da Julia Roberts a Mattew Mc Conaughey, Kevin Spacey, Robin Wright, Jon Voight, Jane Fonda, Paul Giamatti, William H Macy, Steve Buscemi, Mark Ruffalo, Jessica Lange ed Helena Bonham Carter. Una vivacità e un dinamismo che riflettono il cambiamento di paradigma in atto sotto il profilo dei modelli di business e l’allargamento del perimetro di un mercato sempre più aperto e concorrenziale grazie all’ingresso di nuovi player in grado di autoprodursi le proprie opere e di distribuirle direttamente sulla rete. Ci riferiamo ovviamente alla straordinaria diffusione di Netflix, servizio di streaming on demand ad abbonamento che dopo aver già vinto l’anno scorso il premio per la miglior regia di una seria drammatica (House of Cards) rappresenta oggi il concorrente più temibile dei braodcaster via cavo tradizionali forte dei suoi 50 milioni di abbonanti di cui 35 sul territorio americano.
Al pari di quanto successe negli anni ‘90, il servizio sta scardinando alcuni assetti consolidati del mercato, puntando sulla capacità del cod di proporre contenuti originali e di qualità, piuttosto che sul mero rilancio online delle library “stagionate” dei grandi broadcaster. Un po’ quello fecero per le reti tradizionali serie come i Soprano, Mad Man o la stessa Breaking Bad. E’ notizia recente il sorpasso storico ai danni di Hbo in termini di entrate da abbonamento. Ad inizio anno il capo dell’area contenuti di Netflix Ted Sarandof affermava: “Il nostro obiettivo è diventare come Hbo più velocemente di quanto Hbo possa diventare come noi”… Gli ultimi dati lo confermano. L’azienda avrebbe sorpassato Hbo per revenue dovute agli abbonamenti: 1,146 contro 1,141 miliardi di dollari.
La presenza di Netflix– oltre a stimolare la nascita di servizi analoghi da parte di altri OTT come Amazon e Yahoo, rappresenta una rivoluzione soprattutto per quanto riguarda il modo in cui si guarda e si consuma l’audiovisivo: non si tratta solo di una mera sostituzione di una piattaforma ma viene stravolto e il concetto stesso e la pratica della serialità. La caratteristica della programmazione originale di Netflix, è quella di essere offerta in modo simultaneo agli utenti, che possono decidere anche di consumarla in blocco ininterrottamente (il cosiddetto Binge Watching), e più in generale di organizzare la visione delle diverse puntate in modo totalmente autonomo e flessibile, in base ai loro gusti ed esigenze. A ciò si lega anche la mancanza (ma le varie agenzie di rilevazione – Nielsen in testa – stanno rapidamente correndo ai ripari) di un adeguato ed affidabile sistema di rilevamento dell’audience, che dovrà fare riferimento a nuovi indicatori e parametri visto che non potrà più essere legato a fasce orarie e primetime. Tanto più che la società guidata da Hastings continua a non rilasciare dati sulle views ottenute dai suoi serial, non avendo inserzionisti cui rendere conto.
Negli Stati Uniti Netflix sta giocando nello stesso campionato dei broadcaster tradizionali e attualmente uno degli ostacoli che sta fronteggiando è paradossalmente causato dalla sua straordinaria diffusione. I fornitori di banda come Verizon e Comcast hanno iniziato infatti a chiedere un contributo economico per garantire all’utenza – moltiplicatasi negli ultimi 3 anni velocità di traffico e visione ottimale dei contenuti.
Al contrario in Europa – dove il servizio sarà entro fine anno presente anche in Francia e Germania – la sfida sta assumendo i caratteri di una disputa di natura prettamente regolamentare legata alla necessità/opportunità di assoggettare Netflix e gli altri OTT globali ai medesimi obblighi di investimento e di programmazione di prodotto europeo e locale cui sono sottosposti i player tradizionali. Non a caso questo è uno temi centrali posti in agenda dalla Presidenza di turno italiano del semestre europeo.