Durante la sua prima, trionfale, campagna elettorale Obama fu molto chiaro: “I am in this race to tell the corporate lobbyists that their days of setting the agenda in Washington are over“. Correva l’anno 2007 e quella frase anti-lobbisti venne pronunciata in Iowa (leggi QUI). E appena preso posto alla Casa Bianca Obama non si smentì. Nel suo celebre order sulle porte girevoli (QUI) Obama precisò la volontà di interrompere: ”the revolving door that allows government officials to move to and from private sector jobs in ways that give that sector undue influence over government“.
Sei anni e una rielezione più tardi, le cose sono cambiate alla Casa Bianca. Stando al reportage di Politico l’amministrazione Obama finora avrebbe assunto almeno 70 ex lobbisti, dando loro incarichi di prestigio. Tra questi, per esempio:
– Broderick Jhonson, oggi incaricato di curare i rapporti tra il governo centrale e le agenzie federali (il braccio operativo, e tendenzialmente indipendente, dell’amministrazione) ma che fino al 2011 è stato un lobbista di area Dem con incarichi presso Microsoft, FedEx e ComCast. Prima di assumere l’incarico ufficiale alla Casa Bianca Jhonson ha fatto il consulente di Obama per le presidenziali del 2012 e, sostiene il reportage di Politico, non ha mai lasciato gli incarichi di consulenza.
– Melody Barnes, oggi responsabile per gli affari interni nel gabinetto di Obama, in passato lobbista per il Raben Group. Oggi la Narnes ha lasciato l’incarico ed è tornata a fare la lobbista.
– anche Mark Berejka oggi è tornato a fare il lobbista, concluso un incarico di 2 anni presso il dipartimento del commercio, dove si è occupato di technology policy, dopo aver maturato una lunga esperienza in Microsoft.
La stampa non si è poi scandalizzata più di tanto. Il reportage di Politico non rende certo un favore a Obama, ma nemmeno celebra una scoperta sensazionale. Semmai conferma un dato di fatto, anzi due. Anzitutto, la scarsa attendibilità delle promesse elettorali, costrette a fare i conti con la realtà della macchina amministrativa. E poi la necessità di professionisti esperti, e politicamente fidati, che possano occupare i posti chiave e attuare la politica del Presidente. Da questo punto di vista, per preparazione e fedeltà politica, i lobbisti americani sono molto quotati, ancora più dei professori delle grandi università, che pure di tanto in tanto vengono chiamati a servire i Presidenti in carica.
A molti sembra che il problema delle porte girevoli e i rischi per la neutralità del mercato siano rimasti discorsi da accademia. è possibile. Quello che è certo è che, nonostante i divieti e le restrizioni, il ricambio tra professionisti privati e incarichi pubblici è sempre più frequente e veloce.