Negli Stati Uniti è in vigore una legge che si chiama FOIA. Ossia Freedom of Information Act. Equivale per grandi linee alla nostra legge sull’accesso agli atti, con alcune importanti differenze. Negli Stati Uniti – a differenza dell’Italia e di molti Paesi europei, UE inclusa – l’accessibilità è la regola, la segretezza l’eccezione. Per cui, in linea di principio, tutte le amministrazioni, federali e locali, hanno l’obbligo di pubblicare tutte le informazioni che le riguardano, fatta esclusione di alcune fattispecie (per esempio le materie relative alla sicurezza nazionale).
Al di la del giudizio di merito sulla completezza e funzionalità del modello FOIA, c’è comunque un dibattito vivace negli Stati Uniti che riguarda il miglioramento della qualità delle informazioni messe a disposizione dei cittadini. Un esempio riguarda il “Real Transparency Act” che disciplina, tra gli altri, i contributi privati ai candidati alle elezioni politiche (tema scottante, dal momento che in Usa il sistema del finanziamento ai partiti è basato quasi interamente sulle donazioni di privati). Oggi un candidato che riceve una donazione superiore ai 1000 dollari, ha 20 giorni a disposizione per notificarla alla FEC, la commissione federale che vigila sulle elezioni. Questo significa che il pubblico conosce i dati relativi alle donazioni solamente un paio di mesi dopo, considerati anche i tempi necessari alla commissione per processarli e renderli pubblici.
Di qui la proposta caldeggiata, tra gli altri, dalla SunLight Foundation, da sempre in prima linea per l’advocacy pro-trasparenza. La proposta è semplice: emendare la legge in vigore modificando il termine di 20 giorni con uno di sole 48 ore. Sarebbe davvero trasparenza in tempo reale. Naturalmente chi si oppone alla proposta sostiene che si graverebbe così ciascun candidato di un onere amministrativo in più, che potrebbe essere anche molto pesante nelle campagne elettorali più importanti, durante le quali la macchina del fundraising funziona già a pieno ritmo. Meno nota, ma altrettanto condivisa, la seconda critica: comunicare così rapidamente le donazioni avrebbe serie ripercussioni sull’orientamento degli indecisi, facili prede di chi volesse fare leva sugli importi e sulla provenienza delle donazioni.
In Italia c’è un movimento che si batte per l’introduzione di un impianto normativo modellato sulla base del FOIA. Così anche in Europa, dove l’approccio alla trasparenza, soprattutto in certi settori (attività lobbistica e politica), è giudicato da attivisti e accademici troppo timido. Una possibile soluzione, fino a oggi rimasta una mera ipotesi, potrebbe essere quella di accorpare le proposte sulla regolazione dell’attività lobbistica con quelle a favore della trasparenza (tra cui, appunto, FOIA for Italy).