Efficienza energetica: il potenziale “incompreso”

Tanto si parla di efficienza energetica, ma ancora troppo c’è da scoprire sui benefici ad essa collegati. E’ quanto emerge dal nuovo Rapporto dell’International Energy Agency, dal titolo “Capturing the multiple benefits of energy efficiency”, che richiama l’attenzione sulla necessità di sviluppare nuovi metodi in grado di misurare i molteplici benefici, così come l’Agenzia li definisce. Si tratta di allargare la prospettiva, di guardare oltre la mera questione energetica (riduzione della domanda e minori emissioni di gas serra) e cogliere le ricadute positive che le misure di efficienza energetica avrebbero sotto molteplici punti di vista. Prima di tutte, la crescita economica, con un potenziale aumento annuo del PIL di un Paese che varia dallo 0,25% all’1,1%. Non solo: si stima un potenziale per la creazione di posti di lavoro che va dagli 8 ai 27 nuovi posti di lavoro l’anno per ciascun milione di euro investito, con la conseguenza di un minor onere a carico del bilancio pubblico in termini di indennità di disoccupazione versate. I conti pubblici finirebbero per beneficiare, altresì, di una minore spesa in campo energetico e, al tempo stesso, di maggiori introiti fiscali derivanti da una più florida attività economica. Da non sottovalutare, infatti, il beneficio in termini di produttività industriale e costi operativi e manutentivi, che può arrivare ad essere fino a due volte e mezzo il solo risparmio riferibile al costo dell’energia (molto spesso, il solo a cui l’industria, in maniera miope, riesca a guardare), riducendo inoltre il tempo di ritorno dell’investimento, in certi casi, addirittura da quattro anni a solo un anno. Senza dimenticare gli enormi benefici in termini di salute e benessere, quantificabili in circa il 75% dei benefici totali. Questi sono solo alcuni degli aspetti sui quali la IEA cerca di accrescere la consapevolezza degli Stati membri, certo, con le dovute differenze e “sensibilità” a livello nazionale: va da sé che i Paesi in via di sviluppo utilizzerebbero l’efficienza energetica come strumento per incrementare l’accesso ai servizi energetici; in Paesi sviluppati, con un livello di accesso all’energia pressoché universale, il principale driver di un investimento in efficienza energetica sarà più facilmente rappresentato dal beneficio in termini di produttività industriale.

L’Agenzia spinge quindi verso una più consapevole e concreta adozione dell’approccio dei benefici multipli, benefici questi di cui fino ad oggi si è tenuto conto solo in termini qualitativi. Diventa, invece, fondamentale colmare questo vuoto metodologico che non consente un’appropriata valutazione quantitativa dei vantaggi che non siano strettamente ed esclusivamente connessi ad una riduzione dei consumi e che porta, pertanto, a sottostimare enormemente il reale potenziale di quello che, secondo l’Agenzia, potrebbe diventare il “primo combustibile”, e resta per ora soltanto un “carburante nascosto”. E’ l’Agenzia stessa a gettare le basi, fornendo una guida pratica su come impiegare gli strumenti di policy attualmente disponibili per tener conto di questi impatti, e auspicando lo sviluppo di nuovi metodi, laddove necessario.

Sarà forse il caso di rivedere le attuali politiche nazionali, con le quali, secondo le stime IEA, ben due terzi del reale potenziale di questa “miniera d’oro” che è l’efficienza energetica finiranno per volatilizzarsi. In caso contrario – avverte la IEA –  si rischia di perdere ben 18 mila miliardi di dollari: non si parla di briciole, ma di una cifra che eguaglia il PIL di USA, Canada e Messico messi insieme. E sarebbe un vero peccato.

Research Fellow dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata all’Università Commerciale L. Bocconi in Economia, con una tesi sperimentale sull’innovazione e le determinanti della sopravvivenza delle imprese nel settore delle telecomunicazioni.

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