Lo sviluppo delle energie rinnovabili come obiettivo chiave della Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che avrà luogo a Parigi sul finire del prossimo anno: è IRENA, l’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili, a suggerirlo.
A questo scopo, l’Agenzia ha lanciato una nuova serie di rapporti, dal titolo “REthinking Energy”, che auspica la necessaria transizione verso un nuovo sistema energetico. Il primo di questi rapporti, pubblicato il 7 settembre e presentato due giorni dopo presso il Senato francese, si concentra sulla produzione di energia, mettendo in luce il grande potenziale delle energie rinnovabili che cominciano ad uscire dal ruolo marginale cui finora sono state confinate.
In un’epoca in cui la popolazione mondiale cresce a ritmi sostenuti – si stima di raggiungere, nel 2030, gli 8 miliardi di persone, di cui oltre il 60% concentrato nei centri urbani, ed una domanda di energia superiore del 70% rispetto al 2011 – è sempre maggiore la preoccupazione per l’impatto diretto che i combustibili fossi hanno sulla nostra salute. Se si unisce a questo il costante tentativo dei Paesi di ridurre la dipendenza nazionale dai combustibili fossili, e alla ormai imperante esigenza di garantire l’accesso all’elettricità a quel 1,3 miliardi di persone a cui questo accesso è negato e per le quali le tradizionali reti di trasmissione non sono state in grado, ad oggi, di fornire risposta, risulta chiaro che bisogna adoperarsi perché questi obiettivi vengano raggiunti nella maniera più efficace ed efficiente possibile.
Tre, dunque, i pilastri alla base della questione: domanda, sicurezza e sostenibilità. Remap 2030, la roadmap diffusa dalla stessa Agenzia pochi mesi fa, allerta soprattutto rispetto all’ultimo dei tre fattori chiave, e mostra che seguendo le attuali politiche nazionali – il cosiddetto scenario “business as usual” (BAU) – la riduzione delle emissioni di CO2 al 2030 risulterà insufficiente a contenere il temuto cambiamento climatico che tanto si cerca di scongiurare. Solo un raddoppio nell’impiego delle fonti rinnovabili – ammonisce l’Agenzia – potrebbe ridurre le emissioni di CO2 quel tanto che basta ad evitare il peggio.
Con capacità sempre più ampie e prezzi sempre più contenuti – il fotovoltaico costa l’80% in meno rispetto al 2008, l’eolico il 18% in meno, confermandosi su diversi mercati la fonte di energia meno cara – oggi la “sfida delle rinnovabili” sta solo nel capire quale sia il modo migliore per finanziare ed accelerare la loro diffusione. E la buona notizia è che, se da un lato le fonti pubbliche cominciano a scarseggiare a seguito delle crescenti pressioni sui bilanci pubblici, dall’altro la finanza privata sembra ben pronta ad entrare in gioco. IKEA e Google danno l’esempio: la prima produce, oggi, il 37% del suo fabbisogno energetico attraverso turbine e pannelli solari; Google investe quasi 1,5 miliardi di dollari in rinnovabili. Certo, il privato da solo non può far miracoli: “ripensare l’energia” significa riconsiderare l’intero sistema, adottando un approccio olistico che metta insieme tutti i pezzi. Ed in questo i policy maker giocano il ruolo principale, chiamati a porre obiettivi di lungo termine nell’interesse di tutti. E’ fondamentale, allora, sostenere il cambiamento verso un nuovo paradigma industriale, che vada nella direzione di un sistema diversificato e distribuito, dove il consumatore diventa anche produttore. Gettando, chissà, le basi per una nuova rivoluzione industriale, che veda l’affermarsi di un sistema basato sulle energie rinnovabili e assicuri accesso, salute, sicurezza e salvaguardia dell’ambiente.