Perseguendo l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 e mantenere l’aumento della temperatura globale entro i 2°C, la IEA (International Energy Agency) redige annualmente delle roadmap sullo sviluppo di tecnologie a basse emissioni. Per raggiungere obiettivo prefissatosi è necessario un forte investimento nella decarbonizzazione puntando alla massima diffusione, oltre che delle rinnovabili, anche di tecnologie di efficienza energetica, cattura e stoccaggio della CO2 (CCS), nuove modalità di trasporto e del nucleare.
Dalla Technology Roadmap – Solar Thermal Electricity (STE), pubblicata a inizio mese, emerge che nel 2050 il sole potrebbe essere la prima fonte di produzione di energia elettrica, con il fotovoltaico che coprirà il 16% della domanda globale e il termodinamico l’11%. Nonostante quest’ultimo abbia registrato un importante sviluppo dal 2010 ad oggi, tale incremento è stato inferiore rispetto a quanto immaginato, tanto che la quota di generazione elettrica da tale tecnologia nel lungo periodo è rimasta invariata.
Attualmente la potenza globale in solare termodinamico ammonta a 4 GW, contro i 150 GW del fotovoltaico. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che i costi degli impianti solari a concentrazione sono, sì, diminuiti nel tempo, ma molto meno di quelli dei pannelli fotovoltaici. Ad oggi la maturità commerciale sta sopraggiungendo anche per i componenti del termodinamico, incrementandone l’efficienza, riducendone i costi e aumentandone l’attrattività grazie alla maggiore dispacciabilità. Infatti, gli impianti a concentrazione – grazie alla capacità di accumulo termico incorporato – hanno il vantaggio di poter essere dispacciati su richiesta degli operatori, coprendo i picchi di domanda pomeridiani e mattutini. La diffusione del fotovoltaico, produttivo tipicamente nelle ore centrali della giornata, potrebbe favorire lo sviluppo delle STE. Si potrebbero immaginare progetti ibridi tra le due tecnologie, che risultano, in realtà, più complementari che rivali.
La IEA presume un’impennata del solare termodinamico a partire dal 2020, arrivando addirittura a 30 – 40 GW di nuovi impianti ogni anno dopo il 2030. Per conseguire tale risultato sono però necessarie determinate condizioni di base, prima tra tutte la stabilità del quadro regolatorio. E’ necessario che coloro che scelgono di investire, impegnando risorse che saranno recuperate solo in un secondo momento, possano contare su una certezza delle regole e segnali di prezzo affidabili nel lungo periodo.
Nel prossimo futuro, quindi, diverse saranno le macro-tematiche da affrontare: la prima di natura regolatorio/legislativa, la seconda relativa all’abbattimento delle barriere non economiche ed, infine, la questione finanziaria. Per quanto concerne il primo punto si è già accennato alla necessità di un quadro regolatorio e legislativo stabile, che renda, non solo, prevedibili i ritorni degli investimenti, ma soprattutto non ricorra ad azioni retroattive. Relativamente all’abbattimento delle barriere non economiche è necessaria una semplificazione delle procedure autorizzative e una riprogettazione della struttura dei mercati – anche quello dei servizi ancillari – per la partecipazione degli impianti termodinamici e delle rinnovabili in genere. Da un punto di vista finanziario occorrerà incentivare gli investimenti privati e degli operatori istituzionali riducendo il costo del capitale, favorendo l’erogazione dei prestiti attraverso la predisposizione di garanzie, anche nelle economie emergenti.
Quarta macro-tematica – last but not least – la ricerca. Sarà fondamentale consolidare la collaborazione internazionale e la condivisione di best practice, anche in un’ottica di riduzione dei costi.