Comuni e partecipazione civica, perché e a quali (non) condizioni dico sì agli emendamenti di Cittadinanzattiva al Decreto “Sblocca-Italia”

Per tradizione e per vocazione, i Comuni sono il soggetto istituzionale più riconosciuto sul territorio. Un punto di riferimento importante, se possibile ancora di più che in passato. Con un grosso problema, i soldi che mancano per mettere in atto tutto ciò che sarebbe utile alla vita dei cittadini. E’ certo che si verifichino anche questioni di misallocazione delle risorse, eredità di un passato più opulento, e indubbiamente in alcuni Comuni gli spazi per tagliare ci sono ancora, magari offrendo anche un migliore servizio (il caso dell’illuminazione pubblica ne è un esempio eclatante). Ma certamente i margini  per fare grandi economie e soprattutto saper raccogliere le nuove sfide sono sempre più contenuti.

Nel convegno I-Com e Cittalia “Un futuro in Comune. Aziende ed enti locali alleati per lo sviluppo territoriale”, tenutosi il 7 ottobre, è emersa forte l’esigenza e per certi versi l’aspettativa dei Comuni verso le imprese come soggetti in grado di fornire risorse e servizi che i municipi non sono in grado di offrire o, se lo sono, con forti diseconomie o bassa qualità. Con tutta una serie di difficoltà normative e finanziarie (se i Comuni piangono, le imprese, il cui scopo sociale è fare profitti, non ridono) da risolvere.

Si tratterebbe però di una sacrosanta applicazione del principio di sussidiarietà, una volta verificato caso per caso l’allineamento tra interesse privato e interesse generale.

Su un crinale simile, con le ovvie differenze, si muovono gli emendamenti presentati martedì scorso da Cittadinanzattiva al Decreto legge 12 settembre 2014, n.133, più noto come “Sblocca Italia”.

Nell’art. 24, che prevede misure di agevolazione alla partecipazione delle comunità locali in materia di tutela e valorizzazione del territorio, si allarga l’ambito dei possibili interventi, ricomprendendo anche “il recupero e il riuso, con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati” e inoltre si rende cogente la previsione di riduzione o esenzione di tributi inerenti al tipo di attività posta in essere. E’ evidente come in questo caso, la perdita di risorse sarebbe marginale o addirittura nulla, trattandosi di aree non utilizzate.

Nell’art.26, si prevede esplicitamente la possibilità di un percorso di partecipazione civica per progetti di recupero immobiliare portati avanti dal Comune su beni demaniali.

Si tratta dunque di due misure semplici, senza particolare impatto sulle entrate, che tuttavia potrebbero costituire un modo per assicurare servizi di interesse generale, senza oneri o con oneri molto limitati per il Comune o altri enti territoriali, stimolando la partecipazione attiva dei cittadini alla comunità.

A parte l’organizzazione strutturata del percorso di partecipazione, che evidentemente deve garantire la necessaria trasparenza e pubblicità per prevenire possibili abusi, ci sono due elementi che devono essere attentamente considerati nel decretare il successo di iniziative potenzialmente positive come quella promossa da Cittadinanzattiva.

In primo luogo, pur valutando progetti civici come luoghi naturali dell’interesse generale, l’amministrazione comunale deve incoraggiarli sapendo confrontare non solo progetti alternativi no profit ma progetti no profit con ipotesi di valorizzazione profit, bilanciando i diversi benefici, evidentemente di natura diversa. Non è detto che costruire un albergo che sappia attrarre più turisti e dia così entrate maggiori al territorio sia meno utile di un’iniziativa in campo sociale. Dipende da una serie di condizioni (a cominciare dalle caratteristiche del territorio e dell’immobile) che vanno attentamente analizzate, senza pregiudizi. L’importante è che lo si faccia, seguendo in tutti i casi una logica trasparente e partecipata, come sostenuto nello studio I-Com e Cittalia presentato in occasione del convegno del 7 ottobre.

In secondo luogo, anche se si tratta di progetti no profit, è importante che tra i criteri di selezione abbia un ruolo centrale anche la sostenibilità economico-finanziaria, in modo tale da evitare di creare iniziative con le gambe d’argilla che, se va bene, richiedano oneri supplementari alle finanze comunali già depauperate, se va male, interrompano a metà i sogni e le aspettative dei cittadini, con effetti boomerang sulla fiducia e dunque sulla partecipazione stessa.

Questi caveat non devono però certo mettersi di traverso agli emendamenti, peraltro in una logica che risulterebbe contradditoria con lo spirito e il titolo del provvedimento, ma semmai aiutare i decisori nazionali e locali ad implementare le misure in maniera corretta. Augurandoci e augurando a Cittadinanzattiva che passino il vaglio del Parlamento. 

Presidente di I-Com, Istituto per la Competitività, think tank che ha fondato nel 2005, con sede a Roma e a Bruxelles (www.i-com.it). Docente di economia politica e politica economica nell’Università Roma Tre.

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