Il governo degli interessi nelle amministrazioni comunali

Il primo capitolo della ricerca svolta da I-Com e Cittalia prende in esame il quadro normativo dei rapporti tra pubbliche amministrazioni territoriali e i portatori di interesse per valutare, anzitutto, le principali novità introdotte dal Legislatore nazionale; inoltre, per stimare la quantità e qualità del recepimento delle norme da parte delle pubbliche amministrazioni territoriali.

I pilastri principali sono due: (1) il primo riguarda la trasparenza, e fa riferimento al nuovo assetto normativo disegnato al riguardo dal decreto legislativo n. 33 del 2013. Questo declina tutti gli obblighi cui sono tenute le amministrazioni, centrali e territoriali, per garantire la trasparenza della propria attività; (2) Il secondo elemento riguarda la partecipazione dei portatori di interesse alle procedure decisionali. Negli ultimi venti anni si è registrato un progressivo ampliamento delle ipotesi in cui gli interessi privati hanno visto riconosciuta la garanzia di accesso alla formazione delle decisioni pubbliche. Al tempo stesso, tuttavia, si è assistito all’aumento della conflittualità, in particolare nel settore delle opere infrastrutturali. Gli ultimi dati diffusi dall’Osservatorio Permanente Nimby Forum registrano un totale di 213 opere pubbliche contestate, ovvero il 63,4% del totale (a fronte dell’11,6% del 2004).

Quanto ai vincoli di trasparenza imposti alle pubbliche amministrazioni, rivestono un ruolo essenziale il Responsabile della Trasparenza (RDT) e l’Organismo Interno di Valutazione (OIV). Il RDT è una figura interna all’amministrazione, ma di nomina politica. Esso esercita funzioni di controllo e verifica di completezza, chiarezza e tempestivo aggiornamento delle informazioni relative all’attività istituzionale. Spetta dunque al RDT segnalare tempestivamente alle strutture competenti (a seconda dei casi, gli OIV, l’Autorità anticorruzione e l’ufficio di disciplina) eventuali inadempienze. Anche gli OIV rivestono grande importanza nel quadro della riforma. Nascono nel solco dell’esperienza tracciata dai Nuclei Interni di Valutazione; ma nella riforma vengono adibiti in particolare alla valutazione della performance delle amministrazioni e alla certificazione di conformità dei dati pubblicati con quanto prescritto dalla legge. Dall’analisi svolta dai ricercatori di I-Com emergono una serie di problemi legati alle due figure. Anzitutto, quello degli inadempimenti delle amministrazioni locali; inoltre quello delle competenze (talora assenti); infine, quello della mancanza di criteri di valutazione certi.

Altre criticità sono emerse dall’analisi delle procedure di partecipazione dei portatori di interesse operanti a livello locale. Una prima, importante, differenza riguarda la formalizzazione delle procedure di consultazione. La dimensione dell’amministrazione pubblica è inversamente proporzionale alla formalità delle procedure di consultazione. In altre parole, nei Comuni di dimensioni più piccole è molto più frequente il contatto diretto tra vertice politico e impresa o cittadini. Una seconda differenza riguarda l’esercizio di discrezionalità. Molte amministrazioni locali hanno introdotto modalità innovative di consultazione degli interessi operanti sul territorio, che presentano benefici e debolezze (per approfondire, si veda il primo capitolo dello studio I-Com e Cittalia). Poche di queste pratiche, tuttavia, sono strutturate nel tempo. Spesso, infatti, le nuove modalità di partecipazione si interrompono con l’avvicendarsi delle giunte.

Alcuni cenni conclusivi alla metodologia e alla struttura. Il gruppo di ricerca che ha elaborato il capitolo sul governo degli interessi ha combinato un’analisi empirica delle informazioni rese disponibili attraverso i siti web delle pubbliche amministrazioni oggetto dello studio, attraverso una serie di approfondimenti mirati. Questi ultimi si sono resi necessari in particolare in quelle circostanze in cui è stata rilevata l’assenza di dati sui siti delle amministrazioni. Gli approfondimenti hanno preso in considerazione fonti diverse. Quando disponibili, il gruppo si è avvalso delle interviste rilasciate dagli amministratori locali coinvolti nella ricerca. In altri casi è stata esaminata la letteratura grigia (rapporti, approfondimenti, dossier di studio) oppure, più raramente, la letteratura scientifica sul tema. In altri casi ancora, infine, il gruppo ha operato una serie di deduzioni basandosi sulle informazioni a disposizione, precisando, volta per volta, quali e quante sono le fonti utilizzate dal gruppo di ricerca.

Quanto alla struttura del capitolo, questo è idealmente diviso in tre parti. Nella prima di discutono i profili relativi all’assolvimento degli obblighi di trasparenza richiesti dal Legislatore nazionale. Oltre ad analizzare la risposta delle amministrazioni-campione rispetto agli obblighi imposti dalla legge, il testo esamina il formato, la qualità e la reperibilità dei dati messi a disposizione dalle amministrazioni; infine, si analizzano in modo approfondito le competenze (e le criticità) legate alla figura del RDT. La seconda parte del capitolo, invece, è dedicata alle modalità di partecipazione che le amministrazioni comunali riconoscono, rispettivamente, ai portatori di interessi diffusi (cittadini e associazioni) e alle imprese operanti sul territorio. Si censiscono a tal fine una serie di esperienze, o “buone prassi”, che segnano differenze importanti, spesso migliorative, rispetto alle disposizioni di legge. Nonostante il gruppo di ricerca abbia riscontrato una forte eterogeneità negli approcci seguiti dalle amministrazioni, si è cercato sempre di comporre a sistema le informazioni raccolte, ipotizzando modelli generali di riferimento.

Chiudono il capitolo spunti di natura programmatica e operativa per intervenire sulle criticità riscontrate e contribuire così alla migliore composizione del rapporto tra le amministrazioni territoriali e i portatori di interesse.

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