Italia più innovativa e rivolta al futuro di quanto comunemente si pensi, ma rallentata da reti fisse e mobili poco adeguate e da fattori strutturali (in primis, demografia e istruzione) che non consentono alle nuove tecnologie di esprimere appieno le loro potenzialità. Nonostante un contesto non sempre favorevole, come la scarsa attuazione dell’E-government, che in altri Paesi ha rappresentato un driver importante della digitalizzazione, soprattutto nelle fasce di popolazione anziana o non occupata, nell’ultimo biennio l’e-commerce è tuttavia aumentato a doppia cifra e l’Internet e mobile banking sono diventate importanti realtà per molti milioni di clienti. Segnale che dove ci sono un’offerta interessante che intercetta i bisogni dei consumatori, la risposta del mercato, anche se lentamente, arriva. Sono questi i principali risultati dello studio I-Com commissionato da ING BANK in occasione dei 35 anni della presenza in Italia dell’istituto finanziario su scala globale di origine olandese.
Nell’ambito della ricerca è stato realizzato un sondaggio su un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta di 1011 italiani dal quale sono usciti risultati interessanti e, in alcuni casi, sorprendenti.
Ad esempio, non solo il 91,1% degli intervistati ritiene l’innovazione importante per la crescita economica del Paese e il rilancio dell’occupazione, ma l’88,4% pensa che lo sia anche per la propria professione o per quella dei propri figli. Sia da un punto di vista macro che da quello micro, l’innovazione è un fattore considerato imprescindibile da maggioranze bulgare degli italiani. Bisognerebbe ricordarsene ai tempi della Legge di stabilità o in altri passaggi chiave.
Se poi si chiede agli italiani quale sia a loro parere il fattore decisivo all’origine dell’innovazione, predominano nettamente le variabili endogene (istruzione, con il 48,9% e capacità di adeguarsi alle circostanze, che raccoglie il 23,2%) su quelle esogene, talento (21,2%) e fortuna (6,3%). In altre parole, gli italiani sono convinti di essere padroni del proprio destino quando si parla di innovazione. E attribuiscono il ruolo maggiore all’istruzione. Che in effetti, insieme al ritardo infrastrutturale e alla struttura demografica della popolazione, appare una delle tre principali cause dello scorso uso di Internet in Italia rispetto alla media europea.
Con il 34% di persone che non hanno mai utilizzato Internet, l’Italia si colloca infatti tra i Paesi con i risultati meno brillanti. La situazione non migliora particolarmente se si guarda all’utilizzo quotidiano di Internet. A fronte di una media europea del 61,7%, nel nostro paese soltanto il 54,4% degli individui ha avuto accesso ad internet quotidianamente nel 2013.
Ma la riscossa potrebbe essere dietro l’angolo. Per le fasce di età più giovani il distacco è esiguo mentre sia sul fisso che sul mobile ci sono le condizioni per recuperare il gap con il resto d’Europa (e sul fisso, dove siamo più indietro, l’Italia è il Paese dove la percentuale di abitazioni connesse alla banda larga è cresciuta di più tra 2009 e 2013, piuttosto c’è un tema di velocità che va risolto al più presto).
D’altronde, gli italiani sono sempre più pronti a cogliere le opportunità delle rete, come testimoniano i dati sull’e-commerce degli ultimi due anni.
Nel campo dei servizi bancari, che sono uno dei segmenti di attività che ha mostrato maggiore crescita delle attività sui canali online e mobile, le offerte “Internet only”, cioè senza canale fisico, che ancora oggi rappresenta la netta maggioranza dei conti corrente online, rappresentano un potenziale importante. A fronte di un prodotto che consenta una riduzione del 30% dei costi sul conto in cambio di effettuare tutte le operazioni online, quasi il 40% degli italiani dichiara di essere pronta a sottoscriverlo immediatamente. I più recettivi rispetto a offerte aggressive “Internet only” sono naturalmente i giovanissimi, il 53,1% dei quali dichiara che aderirebbe subito. Percentuale che è superiore al 44% per tutte le classi di età, tranne gli over 65 (tra i quali soltanto il 12,4% sarebbe pronto ad accettare senza indugi un’offerta del genere).
Anche in questo caso l’istruzione appare essere un fattore significativo. Tra quanti possiedono un titolo di laurea o superiore, addirittura il 60,3% sarebbe pronto ad aderire subito a un’offerta “Internet only” alle condizioni prospettate, contro il 49,8% di chi ha un diploma superiore e soltanto il 25,7% di chi ha la licenza media.
Da notare che nel Sud e nelle Isole, dove c’è un minore accesso a Internet, la percentuale di interessati è in linea con la media nazionale, frutto probabilmente di una minore capillarità della rete fisica di sportelli e una maggiore attenzione ai profili di costo. Dunque, in questo caso aumentare la connettività ad Internet in alcune parti del Paese risulta essere una condizione di assoluta importanza.
Rispetto alla probabilità che alcuni scenari tecnologici si realizzino nell’arco dei prossimi 35 anni (il tempo che è passato dall’avvio delle attività di ING BANK in Italia ad oggi), il 74,0% degli italiani ritiene che il telelavoro sostituirà pienamente gli attuali modelli organizzativi delle risorse umane, ancora basati sulla presenza fisica in ufficio, il 65,3% immagina che in gran parte delle occupazioni attuali i robot o i computer sostituiranno gli essere umani e il 61,9% crede nella realizzazione della cosiddetta “sharing economy”, nella quale si consumeranno soprattutto beni e servizi condivisi.
Sono le donne, forse perché più interessate ai possibili benefici delle tecnologie, ad essere più ottimiste sull’avvento del telelavoro e dei robot (o dei computer) al posto delle attuali forme di lavoro.
Risultati affatto scontati emergono anche se al campione rappresentativo della popolazione italiana si chiede di immaginarsi il futuro del sistema creditizio e in particolare come e in quali tempi l’innovazione digitale cambierà il rapporto con le banche.
Emergono ancora delle soprese, ad esempio tra quanti ritengono che la consulenza finanziaria del futuro avverrà via Internet (quasi un terzo, il 29,1%, pensa che accadrà entro 5 anni, più della metà, il 56,1% entro 10 anni). Anche l’assistenza solo online viene ritenuta dalla maggioranza uno scenario piuttosto ravvicinato così come il mobile banking come strumento principale per effettuare operazioni sul proprio conto (circa un terzo la ritiene una prospettiva che si realizzerà entro 5 anni, il 59,6% entro 10 anni).
Maggiore scetticismo si registra sulla prospettiva di non prelevare più contanti dal bancomat (anche se un pur elevato 39,9% ritiene che entro dieci anni ci saranno mezzi alternativi al prelievo di contante tramite bancomat) e dal non recarsi più allo sportello fisico.
Naturalmente, l’età è un fattore esplicativo significativo, anche se con l’eccezione del mobile banking e dei prestiti online è la fascia compresa tra 30 e 44 anni ad essere più ottimista sul modello di banca digitale che sembra ormai sempre più alla portata delle nostre tastiere.
Per concludere, lo studio I-Com dimostra da un lato le enormi potenzialità, in parte già tradottesi in realtà, dell’innovazione digitale in Italia, dall’altro le barriere tecnologiche e strutturali che frenano il conseguimento di risultati in linea con il resto d’Europa e in particolare con i Paesi più avanzati.
Occorre dunque pensare a una serie di misure che possano abbattere o quantomeno ridurre queste barriere. In particolare, appare necessario lavorare prioritariamente nelle seguenti aree:
- accelerare gli investimenti nelle reti fisse e mobili a banda larga e ultralarga, migliorando soprattutto la velocità delle connessioni;
- investire sulla digitalizzazione dei servizi pubblici, per renderne da un lato più efficiente la gestione, dall’altro incoraggiare tutte le fasce della popolazione, anche quelle oggi colpite maggiormente da digital divide, a usare Internet;
- prevedere programmi ad hoc di alfabetizzazione digitale, in particolare nelle scuole e per gli anziani e gli inoccupati, i soggetti più colpiti dal digital divide;
- investire maggiormente quantitativamente ma soprattutto qualitativamente nel sistema dell’istruzione, che secondo i risultati del sondaggio e altri dati presentati nello studio, è il fulcro autentico dell’innovazione.