Conflitto tra poteri, rischio regolatorio e impatto sugli investimenti esteri

L’attenzione verso gli investimenti delle imprese, in particolare quelle a capitale estero, è giustamente aumentata non poco negli ultimi anni. In un tempo storico nel quale è evidente come il settore pubblico non possa costituire un driver diretto di crescita, se non altro per motivi di bilancio, diventa prioritario poter mettere le aziende nella posizione migliore per dare la spinta che serve all’economia per uscire dalla fase di recessione, e se va bene, di stagnazione, nella quale si trova da troppi anni.

Attualmente, alcune leve tradizionali per migliorare il clima d’impresa possono essere usate poco o nulla nell’attuale cornice di regole macroeconomiche (ad esempio, le aliquote d’imposta), altre possono dare alcuni effetti (le riforme del mercato del lavoro) ma probabilmente non bastano da sole a riaccendere il motore dello sviluppo.

Un fattore che certamente può dare un contributo significativo a migliorare le aspettative delle imprese è diminuire il livello ma ancor prima la volatilità delle regole. Quest’ultima è alimentata soprattutto dalla miriade di potenziali conflitti istituzionali che caratterizzano tutti i settori. Non si tratta soltanto della contrapposizione tra diversi livelli di Governo, che tuttavia continua a colpire anche progetti in settori in passato mai o poco interessati da sindrome Nimby, se non marginalmente. Ma anche del conflitto a volte palese e altre strisciante tra amministrazioni appartenenti allo stesso livello di Governo…