La crescente diffusione di uno stile di vita poco salutare sta determinando un aumento delle Noncommunicable diseases (NCDs), che colpiscono soprattutto i Paesi a basso e medio reddito. Secondo l’OMS il diabete avrebbe causato 1,5 milioni di decessi a livello globale nel 2012 ed in Italia il 6,2% della popolazione risultava diabetica. Si tratta di una condizione con un forte “burden” in termini di costi diretti (trattamenti e ricoveri per il diabete e le sue complicanze), costi indiretti (malattia, invalidità, morti premature sono fonte di perdita di produttività) e costi intangibili (dolore, ansia, depressione e discriminazione sul lavoro peggiorano la qualità della vita).
Nel nostro Paese il 10% della spesa sanitaria nazionale viene utilizzato per il trattamento del diabete e quasi il 60% di questo denaro (6 miliardi di euro) viene speso per le ospedalizzazioni.
Le diagnosi errate e la mancanza di informazioni da parte del paziente creano un circolo vizioso a causa del quale una parte ampia della popolazione diabetica italiana non riceve una corretta diagnosi o un corretto trattamento e chi sa di essere diabetico non informa abbastanza bene il proprio medico su eventuali cali ipoglicemici, complicanza comune della terapia insulinica, nonché causa di ricovero che ogni anno costa allo stato italiano oltre 50 milioni di euro.
Tutti questi dati indicano che è necessario superare l’approccio economicistico nei confronti del burden of disease del diabete. Informare l’intera popolazione su questa patologia e promuovere una migliore autogestione della malattia, uniformare i costi ed i trattamenti tra le varie regioni, migliorare l’assistenza ed il supporto psicosociale dei pazienti permetterebbe non solo di prevenire nuovi casi di diabete ma anche di aumentare l’aderenza alla terapia e diminuire così le complicanze e le ospedalizzazioni, che rappresentano importanti costi per lo Stato, il paziente ed i caregivers.
Gli approcci potrebbero essere diversi: aumentare le campagne di informazione e prevenzione sul diabete, affidare la prevenzione secondaria al diabetologo, uniformare il costo e la qualità dei kit per l’autocontrollo della glicemia a livello nazionale investendo su nuove tecnologie, permettere a tutte le regioni di inserire l’assistenza nel weekend. Ma il punto chiave è migliorare l’aderenza alla terapia per evitare le ospedalizzazioni continue dovute a un cattivo setting assistenziale del paziente da parte del SSN e a una cattiva autogestione nel controllo della glicemia.
Proprio le ospedalizzazioni, infatti, sono la causa di quasi il 60% della spesa totale per il diabete (che ammonta al 10% di quella sanitaria come si diceva precedentemente). Una spesa di 6 miliardi solo per il ricorso all’ospedale, ossia circa 100 Euro pro-capite, che potrebbe essere ridotta da una migliore sinergia tra i vari attori del percorso terapeutico ed assistenziale del paziente diabetico.