Stefano da Empoli, Presidente I-Com intervistato su Linkiesta del 12 marzo 2015.
«I danni dell’attuale assetto costituzionale saranno permanenti, non transitori»
«La riforma del Titolo V della Costituzione andava fatta ma non bisogna illudersi che questo farà ripartire le infrastrutture. Per almeno tre motivi: ci vorranno anni per implementarla, i buoi sono già fuggiti perché il mercato è diverso da quello dei primi anni Duemila, e non bisogna esagerarne la portata: lo Stato in questi anni è stato reticente a usare i suoi poteri contro le opposizioni locali, ma li aveva». A raffreddare gli entusiasmi sulle conseguenze della riforma del famigerato articolo 117 della Costituzione, è Stefano Da Empoli, presidente di I-Com, Istituto per la Competitività, associazione che da anni denuncia i ritardi causati agli investimenti dalla burocrazia. Dal giorno dopo il referendum che approvò le modifiche alla Costituzione del 2001, il nuovo Titolo V è stato messo sotto processo perché ha allargato a dismisura le competenze delle Regioni, attribuendo loro tra le altre cose poteri decisionali sulla strategicità delle infrastrutture di trasporto e dell’energia, e perché ha dato vita alla fallimentare legislazione concorrente tra Stato e regioni, responsabile solo di un contenzioso infinito. Oggi con il cambiamento in vista (manca la seconda lettura per il testo generale) le competenze su energia, infrastrutture strategiche, grandi reti di trasporto, salute e previdenza passano dalle Regioni allo Stato. Ma sbaglierebbe chi si attendesse una rivouzione.
Cosa cambierà nel concreto per le infratrutture con la modifica del Titolo V?
A mio avviso non cambierà nulla nell’immediato. Intanto perché devono esserci le successive letture da parte del Parlamento e perché bisognerà aspettare con tutta probabilità un referendum confermativo. Anche il giorno in cui la legge sarà in vigore, tuttavia, non dobbiamo attenderci un gran cambiamento. Ci vorrà un’opera di interpretazione delle normative che durerà anni. Dal 2001 quest’opera è stata fatta dalla Corte Costituzionale: lo Stato impugnava le leggi regionali e viceversa e la Consulta ha via via sbrogliato la matassa. Ora si spera che il nuovo testo sia più chiaro e dia adito a meno ricorsi, ma c’è da attendersi comunque delle decisioni della Corte Costizionale. Ci sono altri motivi per pensare che non cambi troppo.
Quali?
Intanto c’è una lettura del mercato che dice che i buoi sono già scappati dal recinto. Per esempio, nel caso dell’energia, in questi anni si sono costruite le centrali dove si potevano realizzare, con i combustibili più accettati a livello territoriale, tipicamente a gas, e nelle regioni più disposte ad accogliere gli impianti. Si è così potuto cosrtuire più in Puglia e Calabria e meno in regioni come le Marche e la Sicilia. Oggi però il mercato è in caduta libera. Difficilmente si raggiungerà il livello di domanda pre-crisi. Non mi aspetto quindi un boom di infrastrutture energetiche dopo il cambiamento del Titolo V della Costituzione.