Il governo Renzi, con la legge di stabilità 2015 e al successivo investment compact, ha introdotto nel nostro Paese un pacchetto di agevolazioni fiscali, denominato “Patent Box”, volto ad attrarre e sostenere le imprese innovative. Si tratta infatti della detassazione dei redditi derivanti dall’utilizzo di beni intangibili prodotti da attività di ricerca e sviluppo: brevetti industriali, marchi (esteso in un secondo tempo anche a quelli commerciali), opere dell’ingegno, disegni e modelli.
Il Patent Box italiano prevede infatti una detassazione totale ai fini IRES e IRAP delle plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni immateriali in caso di reinvestimento di almeno il 90% del corrispettivo nella manutenzione o nello sviluppo di altri beni immateriali agevolabili, e una detassazione parziale ai fini IRES e IRAP del reddito derivante dall’utilizzo di beni immateriali così prevista: detassazione del 30% nel 2015, del 40% nel 2016 e del 50% nel 2017.
Tutti i soggetti titolari di reddito di impresa che svolgono attività di R&S possono beneficiarne tramite un’opzione irrevocabile di cinque anni, con possibilità di rinnovo. Si tratta di un regime fiscale nuovo per l’Italia, ma già presente in altri Paesi che sono riusciti ad attrarre molte industrie italiane ed estere.
Il Patent Box potrebbe dunque contenere i fenomeni di delocalizzazione dei beni immateriali nei Paesi a bassa fiscalità e incentivare il rientro in Italia di marchi, brevetti e altri diritti di proprietà intellettuale dei gruppi localizzati all’estero. Tale misura potrebbe inoltre riportare nel nostro Paese le sedi produttive e di ricerca di quelle società che hanno già delocalizzato. L’industria del farmaco è tra le principali industrie del nostro paese ad essere maggiormente interessata a questo sistema di incentivi.
Come le altre aziende multinazionali, le farmaceutiche – operando in molti Stati – hanno la possibilità di mettere in competizione i sistemi di R&S, potendo scegliere dove poter indirizzare i loro progetti una volta valutata la qualità del sistema. Queste aziende – pur avendo destinato, negli anni, molte risorse in R&S nel nostro Paese – stanno man mano delocalizzando quest’attività per via di un quadro di incentivi scarso e non competitivo rispetto ad altri Stati, oltre che per lungaggini burocratiche e poca chiarezza e uniformità delle regole sul territorio nazionale. L’Italia si configurerebbe come grande produttore ma scarso ricercatore in campo farmaceutico rispetto a Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna, e ciò è confermato dalla chiusura di numerosi centri di ricerca.
Il nostro Paese figura tra i principali mercati europei per valore della produzione, insieme a Svizzera, Germania, Francia, Spagna e Regno Unito. Ma, nel periodo 2005-2012, l’Italia si è collocata nel gruppo dei Paesi europei che hanno mostrato l’incremento più basso negli investimenti in R&S (0,2 miliardi di euro). E’ chiaro che incrementando tali investimenti si otterrebbe un forte sostegno alla crescita del PIL, si offrirebbero nuovi posti di lavoro e aumenterebbe il gettito fiscale.
In realtà, la nuova detassazione dei redditi prodotti da brevetti e beni immateriali, premierebbe l’attività di ricerca con grande ritardo e solo se i redditi sono eleggibili, configurandosi così come un incentivo meno efficace rispetto ad altri strumenti, quali i crediti di imposta. La legge di stabilità 2015, con il Patent Box, allarga però la platea delle aziende beneficiarie che svolgono attività di R&S in Italia, nonché la durata dell’agevolazione, che passa da 3 a 5 anni. La combinazione di queste misure potrebbe rendere l’Italia più competitiva, colmando il gap con gli altri Paesi, stimolando l’apertura di nuovi centri di ricerca e inducendo le aziende farmaceutiche a non delocalizzare.