L’incidenza delle condizioni psico-sociali sullo sviluppo delle malattie croniche. Un motivo in più per investire in prevenzione.

Tra le macroregioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’area europea è quella che presenta i più elevati tassi di mortalità per malattie non trasmissibili tra la popolazione adulta compresa tra i 15 e i 59 anni e le malattie croniche sono responsabili di circa l’86% della totalità delle morti premature. Negli ultimi anni l’approccio delle istituzioni mondiali ed europee a questa questione è stato trasversale, a causa di un “peso” socio-economico sempre più elevato di alcune patologie. L’indagine sulla correlazione tra condizione sociale e stato di salute, in particolare tra predisposizione a sviluppare alcune malattie croniche in determinate condizioni di disagio sociale, può offrire ulteriori interessanti opportunità per intervenire preventivamente,  proprio perché questi fattori di rischio possono essere modificati.

Un report pubblicato il 20 marzo scorso dall’Health Evidence Network dell’OMS, rivela come in Europa sia osservabile anche una relazione tra fattori di rischio psico-sociali e la morbilità e mortalità causate da malattie non trasmissibili, quali quelle dell’apparto cardiovascolare – soprattutto malattie coronariche – e, in minor misura, cancro, che insieme sono responsabili della maggioranza degli episodi di cronicizzazione.

I ricercatori si sono basati su una review capillare di oltre 1800 articoli scientifici e studi osservazionali pubblicati, a partire dal 2000, su Medline e PubMed. Tra i determinanti più ricorrenti dell’insorgenza delle patologie spiccano un eccessivo carico di lavoro, scarsa autonomia, uno scarso controllo e un elevato squilibrio tra sforzi e gratificazioni, insieme a conflitti interpersonali e scarso sostegno e credito sociali. In particolare, i risultati dello studio evidenziano che depressione e isolamento sociale incidono più marcatamente dei fattori di stress lavoro-correlati sullo sviluppo delle malattie cardiovascolari e tumorali e che queste condizioni agiscono in maniera differente negli uomini e nelle donne.

Una prima sommaria conclusione è che il gradiente sociale di salute osservato nella popolazione adulta sembra agire in parte anche mediante fattori inerenti la sfera psicologica e sociale. Di conseguenza, poiché queste condizioni, al contrario di altre, sono modificabili, potrebbero essere valutate all’interno di più ampie strategie di riduzione del rischio e di prevenzione delle Non Communicable Disease. In particolare, la complessità dello svantaggio psico-sociale è rivelato dalla presenza di molteplici fattori che originano in più ambienti, sia all’interno che all’esterno dal luogo di lavoro e che hanno ricadute su differenti esiti di salute, tra loro spesso collegati.

Ad oggi, rivela ancora lo studio, gli interventi di carattere pisco-sociale sul cancro o le malattie dell’apparato cardio-circolatorio si sono concentrati prevalentemente sui pazienti a uno stadio avanzato di malattia, mentre ancora poco è stato fatto in termini di prevenzione primaria. Sembra scontato ricordare che la strategia politica dell’OMS Europa, Health 2020, insiste su politiche meno emergenziali delle malattie croniche, sollecitando i policy maker ad adottare un approccio più olistico per migliorare lo stato di salute e il benessere lungo tutto il corso della vita. Le istituzioni europee mirano inoltre a ridurre il gradiente sociale di salute nei sistemi sanitari dell’Unione, compreso il nostro SSN, dove i piani nazionali per la prevenzione e la presa in carico delle cronicità sono ancora da definire.

Public Affairs e Comunicazione dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata in Scienze Politiche all’Università La Sapienza di Roma, ha lavorato come redattrice per l’agenzia Axia curando approfondimenti e articoli per i mensili Technet ed Atlante su temi di sviluppo sostenibile, responsabilità sociale d’impresa, finanza etica, terzo settore e nuove tecnologie.

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