Il settore farmaceutico, il cui principale driver è l’innovazione, attraverso la produzione di beni destinati alla cura della persona contribuisce in modo determinante al benessere della collettività, diventando cruciale per l’economia di ogni paese. Esso si caratterizza per un’elevata intensità scientifica e tecnologica e richiede un ingente impiego di risorse economiche; le imprese farmaceutiche devono sostenere notevoli costi di produzione ed investire costantemente in R&S al fine di offrire nuovi farmaci, facendo inoltre i conti con l’incertezza dei risultati conseguibili. È, infatti, possibile che al termine di un lungo e dispendioso processo alcuni farmaci non riescano ad approdare sul mercato e se lo fanno, difficilmente consentono il recupero della totalità dei costi sostenuti per la loro produzione e commercializzazione.
Le imprese farmaceutiche, per migliorare la loro competitività, si orientano, molto spesso, verso strategie di crescita esterna ovvero mettono in atto operazioni straordinarie di fusione e acquisizione al fine di consolidare il proprio vantaggio competitivo.
Nello specifico, le fusioni e le acquisizioni permettono alle imprese di accrescere la propria dimensione e di potenziare le loro capacità scientifiche, di accedere a nuove competenze ed aumentare la produttività dell’attività di ricerca nonché di ridurre i rischi di fallimenti. A completare il novero delle motivazioni sottese al ricorso a tali operazioni concorrono inoltre, la necessità di ridurre i costi di produzione, la possibilità, dunque, di conseguire economie di scala e di ottenere benefici finanziari e fiscali.
La ratio principale, che sembra però oggi guidare le imprese farmaceutiche verso operazioni di fusione e acquisizione è la possibilità di consolidare i vantaggi connessi allo scambio strategico di assets. Accade, non raramente, che esse si lanciano all’assalto di imprese biotecnologiche, con cui magari hanno stipulato precedentemente accordi di collaborazione, in quanto hanno come obiettivo quello di voler combinare gli assets a disposizione di entrambi i player.
Un’altra strada percorsa dalle imprese farmaceutiche è quella di acquisire piccole e medie imprese innovative, con idee promettenti ed eccellenti nella ricerca, che mirano a rafforzarsi nel settore. Si pensi, a titolo di esempio, all’operazione di acquisizione che ha visto coinvolti nell’agosto 2014 il colosso farmaceutico americano Merck & Co, conosciuto anche come MSD, e Idenix Pharmaceuticals, società biofarmaceutica attiva nella ricerca e nello sviluppo di farmaci idonei al trattamento di malattie virali. La multinazionale americana ha offerto a Idenix 24,50 dollari per azione in contanti con l’intento di arricchire il proprio portafoglio prodotti con farmaci anti-epatite, dato che la società biofarmaceutica è impegnata nello sviluppo di terapie antivirali orali per il trattamento del virus dell’epatite C.
Tante sono state le operazioni di fusione ed acquisizione concluse nel 2014: Merck & Co, oltre a Idenix, ha acquisito Cubist Pharmaceuticals, leader globale nella produzione di antibiotici mentre ha venduto a Bayer il business Consumer Care; Actavis ha acquisito il gruppo americano Allergan; l’azienda farmaceutica giapponese Daiichi Sankyo ha acquistato per un valore di 410 milioni di dollari Ambit Biosciences, società biofarmaceutica dedita allo sviluppo di farmaci in campo oncologico. Tanti altri sono stati gli accordi annunciati ma che non sono giunti alla fase di negoziazione e closing.
L’ondata di fusioni ed acquisizioni ha riguardato anche l’Italia: l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha dato, di recente, il suo consenso alla fusione tra Alfa Wassermann e Sigma-Tau, due tra i principali gruppi farmaceutici italiani, con una presenza importante anche sul piano internazionale.
Dunque, anche il 2014 si è caratterizzato per uno spiccato processo di concentrazione, che interessa ormai il mercato farmaceutico dagli anni ’90 e pare si intensificherà anche nel corso del 2015.