Con il decreto legislativo 4 luglio 2014 n.102, in attuazione della direttiva 2012/27/UE, l’Italia stabilisce un quadro di misure per la promozione e il miglioramento dell’efficienza e della sostenibilità energetica, nel rispetto dell’obiettivo nazionale di riduzione dei consumi da realizzarsi entro l’anno 2020. Sono, quindi, previste norme finalizzate a rimuovere gli ostacoli presenti nel mercato dell’energia e a superarne le carenze, causa di inefficienza nella fornitura e negli usi finali.
In vero, il recepimento della Direttiva non è stato né puntuale (la scadenza prevista in sede comunitaria era fissata per il 5 giugno 2014) né lineare se si considerano i 35 punti di contestazione al decreto di recepimento individuati dall’UE nella lettera di messa in mora del 26 febbraio 2015. La procedura di infrazione 2014/2284, a firma del Commissario all’energia Miguel Arias Cañete, contesta un incompleto recepimento della Direttiva e segnala, tra le altre cose, la mancata definizione di “audit energetico”, di “gestore del sistema” e di “aggregatore” (cioè il fornitore di servizi su richiesta che accorpa una pluralità di carichi utente di breve durata per venderli o metterli all’asta in mercati organizzati dell’energia), l’assenza di norme sulla priorità di dispacciamento dell’energia da cogenerazione ad alto rendimento, il difetto di recepimento in materia di promozione del mercato di servizi energetici e relativo accesso delle PMI, l’assenza di una disposizione che stabilisca le adeguate condizioni affinché gli operatori del mercato forniscano ai consumatori di energia informazioni adeguate e mirate nonché consulenza in materia di efficienza energetica, la mancata individuazione di misura volte all’eliminazione degli ostacoli all’efficienza energetica e alla promozione del mercato dei relativi servizi (tra cui strumenti finanziari, incentivi, contributi e prestiti per sostenere i progetti nel settore dei servizi di efficienza energetica).
L’Italia ha 60 gg di tempo, oramai in scadenza, per rispondere alle suddette contestazioni. Si tratta del primo warning formale da parte dell’UE (ricordiamo che la procedura di infrazione si articola in tre momenti: la fase pre-contenziosa, nella quale la Commissione europea, ove rilevi una violazione delle norme UE, invia allo Stato membro una lettera di messa in mora concedendogli due mesi per presentare eventuali osservazioni in merito agli addebiti mossi; la fase giurisdizionale o contenziosa, nella quale vi sono gli estremi per il ricorso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea; le eventuali sanzioni pecuniarie) e, qualora il Governo italiano non fornisca una risposta tempestiva o i chiarimenti non risultino soddisfacenti, la Commissione potrà procedere alla determinazione di una formale diffida ad adempiere a quanto contestato.
Alcune precisazioni. Se, da un lato, l’Italia non spicca per la sua capacità repentina e puntuale di trasporre in sede nazionale le disposizioni europee in materia di energia (è stata avviata un’ulteriore procedura di infrazione, la 2014/2286, concernente il recepimento delle direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE, relative al il c.d. “Terzo pacchetto energia”, con riferimento alle norme sull’unbundling nella trasmissione elettrica, all’indipendenza e i poteri dell’Autorità e alla tutela dei consumatori sul mercato al dettaglio ), per altro verso, la direttiva in menzione si struttura su un dettato normativo piuttosto dettagliato, che lascia agli Stati membri, e alle rispettive Autorità di regolazione, spazi di manovra nel recepimento alquanto ristretti.
Indecisioni sul tema non sono di giovamento per nessuna delle parti coinvolte. Posto che la realizzazione di una un’economia più efficiente sotto il profilo energetico, rappresenta una delle soluzioni per contrastare la perdurante crisi economica e promuovere uno sviluppo sostenibile di lungo termine, come emerso nel corso del convegno “Consumatori smart, sogno o realtà?”, tenutosi lo scorso 22 aprile, non si può prescindere da una pianificazione chiara ma soprattutto bilanciata delle relative misure di attuazione, anche alla luce degli ingenti investimenti che si renderanno necessari e delle disposizioni in materia di tutela del consumatore. Consumatore che, in assenza di trasparenza, semplicità e chiarezza, non sarebbe messo nella condizione né di esercitare i diritti riconosciutigli né di incidere positivamente e consapevolmente sulla propria impronta ecologica.