“Soddisfare la domanda crescente dei nuovi farmaci da parte dei pazienti, favorire gli investimenti nell’ innovazione in Italia e in Europa e garantire al contempo la sostenibilità dei sistemi di salute pubblica: è questa la grande sfida che ci attende da qui ai prossimi anni”. Con queste parole, il Ministro Lorenzin, ha inaugurato la seconda giornata della Conferenza Internazionale Aifa ‘Sistemi d’innovazione e orizzonti della salute’, tenutasi a Milano lo scorso settembre. I farmaci innovativi stanno in effetti diventando i nuovi protagonisti delle terapie farmacologiche, soprattutto in campo oncologico, dove una buona parte dei pazienti risulta non responsivo ai trattamenti.
In realtà, il fatto che una parte sostanziale dei pazienti non risponda alle terapie proposte anche in altri campi (per es. Alzheimer e artrite reumatoide) sta inducendo a sviluppare terapie sempre più personalizzate/individualizzate rivolte a determinati pazienti o gruppi di pazienti che risultano sensibili solo a certe terapie e non ad altre, basate sull’individuazione di specifici biomarcatori ad elevata specificità e sensibilità. L’Ipilimumab, presente nella lista Aifa dei farmaci innovativi aggiornata al 24/07/2014, ci offre un esempio di come agisce un farmaco innovativo: in questo caso abbiamo un anticorpo monoclonale, prodotto tramite la tecnica del DNA ricombinante, in grado di attivare i linfociti T per avviare una risposta immunitaria antitumorale mediata da queste stesse cellule. Uno studio recente, pubblicato su Annals of Neurology, mette inoltre in luce come i soggetti portatori di una particolare variante del gene SLC9A9, implicato nella regolazione del PH intracellulare, mostrino una ridotta risposta all’interferone beta utilizzato nella cura dei pazienti con sclerosi multipla.
Si potrebbero elencare tante altre patologie per la cui cura sarebbe necessario l’utilizzo dei farmaci innovativi ed in alcuni campi il loro uso è già divenuto realtà. L’altra faccia della medaglia è però caratterizzata dal prezzo di questi farmaci: i costi di ricerca e sviluppo ed i particolari metodi di produzione, rappresentano la causa di un costo insostenibile per i sistemi sanitari. Tra il 2010 ed il 2014 la pipeline oncologica si è arricchita di 45 farmaci, per 53 indicazioni, ma a parte Usa, Germania e Gran Bretagna, dove quasi tutte le novità sono disponibili, in molti paesi, Italia compresa, l’innovazione resta spesso un’utopia a causa dei costi troppo elevati. Recentemente, a tal proposito, ha fatto discutere la scelta del PM di Torino Raffaele Guariniello, di aprire un fascicolo contro ignoti per omissione di cura e lesioni per la mancata somministrazione di uno dei nuovi farmaci anti epatite C. Per la prima volta infatti ci troviamo davanti a delle terapie che sarebbero in grado di estirpare questa patologia, potenzialmente mortale, ma con un costo che nessun sistema sanitario potrebbe mai sopportare se l’obiettivo fosse quello di curare tutte le persone affette da epatite C, che nella UE risultano poco meno di 10 milioni (dai 130 ai 150 milioni nel mondo).
Secondo La Stampa il trattamento costerebbe 40.000 euro a paziente per Regione e nel nostro Paese il Fondo per i farmaci innovativi permetterebbe di curare solo 50.000 pazienti mentre gli italiani affetti da tale patologia sarebbero compresi tra il milione e mezzo e i due milioni. I soldi dunque non ci saranno mai, a meno che non si decida di aspettare il crollo dei prezzi dovuto alla scadenza brevettuale, ovvero 20 anni. L’unica vera soluzione consisterebbe quindi nel lasciare alle nostre spalle prezzi e gare per l’acquisto nazionali e puntare sull’Europa. Vincere la resistenza dei singoli Stati, dovuta alle prerogative dei sistemi sanitari non sembra affatto semplice, ma puntare sulla cura di tutti i malati dell’UE tramite un prezzo europeo e gare europee per l’acquisto centralizzato probabilmente permetterebbe di risolvere questo problema.