Il presidente dell’Istat Giorgio Alleva ha presentato lo scorso 20 maggio a Roma, presso la sala della Regina di Palazzo Montecitorio, il Rapporto Annuale 2015 – La situazione del Paese. All’interno del documento, il capitolo “Eterogeneità territoriali del Sistema sanitario nazionale: equità allocativa e livelli di soddisfazione” fornisce una chiara fotografia della Sanità italiana. Emerge un forte divario territoriale nell’assistenza sanitaria, complici i piani di rientro dal disavanzo della spesa sanitaria cui sono sottoposte numerose Regioni e che mettono a dura prova il principio dell’universalità e dell’equità nell’accesso alle cure.
Molte Regioni in deficit non riescono a garantire i livelli essenziali di assistenza (Lea), erogando prestazioni sanitarie al di sotto degli standard ritenuti adeguati. Inoltre, non vi è un’allocazione efficiente delle risorse economiche, ovvero il finanziamento non è correlato al bisogno di assistenza. Le Regioni meridionali sono quelle finanziate in misura inferiore rispetto al reale fabbisogno: la quota pro capite di finanziamento non raggiunge i 1.900 euro, con il valore minimo registrato in Campania (1.755 euro). Valle d’Aosta, Bolzano e Trento presentano, invece, i valori massimi, superiori a 2.300 euro; in tali regioni sono anche più elevate le dotazioni medie di personale sanitario.
Per meglio valutare il Sistema sanitario nazionale è opportuno misurare l’offerta dei servizi sanitari anche in termini di qualità percepita dai cittadini e di accessibilità dell’assistenza. A tal proposito il rapporto include un’indagine volta a rilevare il livello di soddisfazione complessivo dei cittadini per il servizio sanitario pubblico e quello specifico per le prestazioni erogate nell’ambito di strutture pubbliche o accreditate, nonché l’eventuale rinuncia a prestazioni sanitarie erogabili dal Ssn per motivi economici o connessi all’offerta (liste d’attesa troppo lunghe o orari scomodi per la fruizione della prestazione).
La maggioranza della popolazione adulta (60,8%) valuta positivamente il servizio sanitario pubblico. I cittadini più soddisfatti sono localizzati al Nord mentre gli insoddisfatti al Sud, dove quasi una persona su tre esprime un giudizio negativo. Nel Lazio – una delle regioni con piano di rientro particolarmente oneroso – si concentra un’ampia quota di insoddisfatti.
Il livello di soddisfazione migliora sensibilmente e si riducono le differenze territoriali quando la valutazione riguarda nello specifico le prestazioni sanitarie nell’ambito del Ssn: sette pazienti su dieci giudica eccellenti le prestazioni specialistiche. La distanza delle Regioni del Nord da quelle del Sud e da alcune del Centro comunque permane. Si è, infatti, più soddisfatti delle visite specialistiche al Nord rispetto al Sud o al Centro.
Non sempre il sistema riesce a dare un’adeguata risposta alla domanda di assistenza sanitaria. Infatti, il 9,5% della popolazione ha dovuto rinunciare alle prestazioni sanitarie a causa delle carenze del Ssn o per motivi economici. Nell’area del Mezzogiorno è più che doppia la quota di rinuncia alle cure per motivi economici o per carenza dell’offerta mentre nel Nord-ovest si registra la quota più bassa. Tuttavia, lo svantaggio per chi ha condizioni economiche sfavorevoli è maggiore nel Nord.
Dunque, la situazione è molto critica per le Regioni meridionali e il Lazio, che costituisce un’eccezione rispetto alle altre regioni del Centro.
L’inefficienza allocativa, la contrazione della spesa e le probabili difficoltà a garantire i livelli essenziali di assistenza si traducono in un aumento della spesa sanitaria a carico delle famiglie (out of pocket). Infatti, i principali strumenti adoperati dalle Regioni per contenere la spesa e rientrare dal debito sono l’introduzione del ticket e della quota di compartecipazione a carico dei cittadini. Con tali misure si corre il rischio, però, di aumentare la rinuncia alle prestazioni sanitarie, dovuta spesso a motivi economici, con un conseguente e pericoloso impatto sulla salute dei cittadini.