E’ una domanda che almeno una volta nella vita, indispettiti dagli alti costi delle bollette, tutti ci siamo posti: è possibile staccarsi dalla rete? Quanto costa?
Comprendendo anche le difficoltà che deriverebbero da un abbandono di massa delle rete, il centro di Ricerca sul Sistema Energetico (RSE) ha voluto approfondire la questione. Staccarsi completamente dalle rete richiederebbe una totale autonomia nell’approvvigionamento elettrico ed obbligherebbe a dotarsi di sistemi di accumulo.
Lo studio analizza il costo del kWh elettrico (COE) lungo l’intera vita utile dell’impianto. Secondo i ricercatori ai costi d’acquisto attuali nessuna delle configurazioni impiantistiche sul mercato è in grado di giustificare l’investimento, nel senso che nessuna tecnologia riesce a raggiungere un COE che giustifichi economicamente l’iniziativa.
Per giungere a tale conclusione sono state esaminate le tariffe elettriche correnti e quelle rispondenti alle varie opzioni proposte dal Regolatore nell’ambito del processo di revisione delle tariffe elettriche per i clienti domestici. Sono stati considerati i clienti residenti e non con diverse fasce di consumo, poi partendo dai reali profili di consumo elettrico e termico è stato simulato il funzionamento di varie configurazioni impiantistiche in grado di soddisfare la totalità del fabbisogno elettrico (in determinati casi anche termico), stimando, quindi, un costo dell’elettricità.
La soluzione più vantaggiosa individuata risulta essere la combinazione di micro-cogenerazione, fotovoltaico e sistema di accumulo. Tale configurazione garantisce, infatti, una sorta di equiripartizione del carico di lavoro consentendo di non sfruttare eccessivamente il sistema di accumulo, anche grazie alla generazione fotovoltaica, di ridurre le ore di uso del micro-cogeneratore nei mesi più soleggiati, a favore di un suo maggior impiego nei mesi invernali riuscendo a soddisfare contemporaneamente le esigenze di riscaldamento e acqua calda sanitaria. Nonostante ciò il costo dell’elettricità collegato a tali impianti è attualmente piuttosto variabile ed elevato, compreso tra 0,60 e 0,27 €/kWh, a fronte di un costo compreso tra 0,18 e 0,25 €/kWh per l’elettricità proveniente dalla rete.
È emerso che a prescindere dalla zona climatica per le seconde case (che tipicamente registrano consumi più bassi) e dal possibile aggravio dei costi futuro, la predisposizione della configurazione impiantistica individuata per distaccarsi dalla rete, comporterebbe un incremento dei costi insostenibile e ingiustificabile.
L’RSE fornisce, inoltre, delle considerazioni circa l’affidabilità garantita dalla rete. Infatti, al di là delle considerazioni puramente economiche la rete di distribuzione fornisce un servizio affidabile di gestione e manutenzione, che verrebbe, ovviamente meno in caso di abbandono della rete stessa. L’utente finale dovrebbe farsi carico della manutenzione ordinaria e straordinaria e del relativo costo (considerato dall’Istituto nell’analisi proposta).
Prendendo in considerazione una riduzione dei costi di acquisto dell’accumulo elettrochimico e del micro-CHP, sempre con riferimento ai clienti con consumi più elevati (più prossimi alla convenienza) si riscontra un’effettiva sensibilità alla contrazione dei costi di investimento. Infatti, si registra una potenziale competitività economica delle soluzioni ipotizzando una riduzione del 20% e, successivamente, del 30% delle tecnologie citate. Una simile contrazione dei costi potrebbe comportare un costo dell’elettricità compreso tra 0,21 €/kWh e 0,22 €/kWh entro un orizzonte temporale non poi così lontano (10 o 15 anni).