Italia: obiettivo 2020 (parzialmente) raggiunto

Il Ministero dello Sviluppo Economico ha pubblicato, poco più di un mese fa, il documento che illustra la situazione energetica nazionale del nostro Paese nel 2014, utile a valutare l’avanzamento nel raggiungimento degli obiettivi previsti dalla Strategia Europa 2020.

In termini di domanda complessiva, nel 2014 il fabbisogno nazionale conferma il trend negativo che ha caratterizzato gli ultimi anni, attestandosi a 166,4 milioni di tonnellate equivalenti (Mtep) e registrando una riduzione del 3,8% rispetto al 2013 e del 15,3% nell’arco dell’ultimo decennio. Ancora più accentuata la flessione in termini di energia finale richiesta (-4,6% rispetto al 2013 e -16,7% rispetto a dieci anni prima), dove tutti i settori – e in particolare i consumi per usi civili[1] – contribuiscono con segno negativo, ad eccezione dei trasporti che, al contrario, registrano un incremento del 3,3% rispetto all’anno precedente.

La contrazione che si osserva avviene certamente per effetto della recessione economica che ha negli ultimi tempi caratterizzato la nostra economia, ma è anche conseguenza di una ricomposizione settoriale della produzione e di una maggiore attenzione all’efficienza energetica (sebbene ancora distanti dall’obiettivo fissato per il 2020 in questo ambito). E’ infatti interessante notare che, al di là del calo assoluto, si continua a registrare soprattutto una riduzione dell’intensità energetica, data dal rapporto tra domanda di energia e PIL: questa grandezza è scesa nel 2014 ad un valore di 108,3 tep/milioni di euro, dai 112,1 del 2013. Nell’ultimo decennio il risparmio ammonta, invece, ad oltre 13 tep per ogni milione di euro di PIL.

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Sebbene petrolio e gas continuino a rappresentare la maggior parte della torta, la loro quota (circa il 64% della domanda di energia primaria nel 2014) appare in diminuzione rispetto al passato, con un peso crescente invece per le fonti rinnovabili, che arrivano a rappresentare oltre un quinto dell’energia richiesta (v. figura sotto), superando l’obiettivo stabilito dalla Strategia Europa 2020. Meno rappresentate le fonti rinnovabili nella domanda di energia finale, dove poco meno della metà è ancora derivante dal petrolio, fonte privilegiata – e quasi esclusiva – nel settore trasporti. Il consumo di energia proveniente da fonti rinnovabili riguarda soprattutto il settore civile e rimane invece ancora troppo scarsamente diffuso negli ambiti agricolo e industriale.

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Il documento rilasciato dal MISE mostra anche la spesa media annua di una famiglia tipo, che ammonterebbe a 1.635€ l’anno, con valori decisamente più elevati al Nord – fino al 22% superiori, in regioni quali la Val d’Aosta – e più contenuti al Sud – fino al 23% in meno della Sicilia. Quasi la metà di questa cifra è destinata ai consumi di metano: anche in questo caso, esiste una discreta variabilità – legata sia alle diverse condizioni climatiche che ai costi variabili dei diversi combustibili – con un peso decisamente più importante sul bilancio delle famiglie residenti nelle regioni settentrionali che in quelle meridionali, dove a pesare di più in termini economici è l’energia elettrica. Si tratta certamente di una voce di costo di entità rilevante per le famiglie italiane, anche perché difficilmente comprimibile; ed in presenza di prezzi crescenti, ma anche di una componente fiscale consistente (oltre la metà della spesa complessiva sostenuta dalle famiglie italiane), questa potrebbe andare ad incidere sui consumi e, di conseguenza, sulla capacità e la rapidità di ripresa del Paese.

 


[1] Gli usi civili comprendono il settore domestico, del commercio, dei servizi e della Pubblica Amministrazione.

Research Fellow dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata all’Università Commerciale L. Bocconi in Economia, con una tesi sperimentale sull’innovazione e le determinanti della sopravvivenza delle imprese nel settore delle telecomunicazioni.

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