Rapporto OASI 2015: l’analisi del sistema sanitario italiano

TAGLI IN SANITA'Lo scorso 27 novembre SDA Bocconi e CERGAS hanno presentato la 16° edizione del Rapporto OASI, che offre, ormai dal 2000, un’analisi dei trend evolutivi del SSN e del settore sanitario italiano. Diverse sono le evidenze emerse dallo studio, di queste solo alcune sono descritte nel presente articolo.

La spesa sanitaria pubblica tra il 2009 e il 2014 ha registrato un aumento medio annuo pari ad appena lo 0,7%, invertendo il trend del quinquennio pre-crisi (2003-2008), in cui i livelli di crescita si attestavano intorno al 6% annuo.

È, ormai, noto che la spesa pubblica costituisce bersaglio di continui tagli e in tale contesto la sanità pubblica è uno dei settori maggiormente colpiti.

La difficile situazione economico-finanziaria non ha impedito, però, al SSN di consolidare l’equilibrio di bilancio, giunto oramai al suo terzo esercizio consecutivo. Di conseguenza il SSN presenta tutti i sistemi sanitari regionali in equilibrio (ad eccezione di Sardegna e Molise, fortunatamente di scarso impatto complessivo a causa della loro modesta popolazione in termini quantitativi). Non esistono più Regioni con gravi disavanzi, anche grazie alla contabilizzazione delle addizionali regionali incassate nell’anno successivo a ripiano del deficit dell’anno precedente; al contrario, alcune delle Regioni storicamente in deficit (Lazio, Campania e Sicilia) si trovano oggi con un leggero avanzo annuale, che utilizzano per contribuire a saldare debiti pregressi.

Tuttavia, molte Regioni, verso fine anno, sospendono o rallentano l’erogazione di alcune prestazioni sanitarie. Nelle strutture pubbliche, il fenomeno è dovuto ai rigidi tetti di spesa sui dispositivi medici che aggrava ulteriormente la carenza di personale, soprattutto nelle Regioni sottoposte a piano di rientro.

Dunque, nonostante un quadro epidemiologico non di certo tra i migliori e dispositivi medici e farmaci sempre più innovativi ma anche più costosi, il SSN è riuscito a mantenere stabile il suo livello di spesa, senza produrre alcun deficit.

Il contenimento della spesa pubblica – come emerge dal rapporto – è stato ottenuto mantenendo e rafforzando progressivamente rigidi budget per singoli fattori produttivi, che sono stati centralmente pianificati e il cui rigoroso controllo è stato affidato alle singole regioni, incentivate dall’onere di dover far fronte ad ogni eventuale deficit sanitario con un aumento automatico delle loro aliquote fiscali.

È molto probabile che alla lunga, però, le leve disponibili per la razionalizzazione tendano ad esaurire i loro effetti positivi e contrariamente risultino in aumento le manovre di razionamento in un contesto in cui i bisogni aumentano, le innovazioni tecniche sono sempre più costose e il livello di finanziamento resta immutato.

Tali manovre comportano la riduzione dei budget per le strutture private accreditate nonché liste d’attesa più lunghe; queste ultime costituiscono i principali motivi che spingono i pazienti a non rivolgersi più al sistema sanitario pubblico: in Italia, infatti, i cittadini pagano il 40% delle visite specialistiche, il 49% delle prestazioni di riabilitazione e il 23% degli accertamenti diagnostici. Eppure, la spesa out-of-pocket non è cresciuta significativamente negli ultimi anni anche se rappresenta ormai un mercato consolidato.

Le politiche di contenimento determinano, inoltre, un aumento dell’obsolescenza media del parco tecnologico del SSN: oggi, infatti, il 75% delle attrezzature presenti nelle strutture sanitarie è vecchio e completamente ammortizzato; nonostante ciò continua ad essere utilizzato per mancanza di risorse da investire in nuovi macchinari e tecnologie. Anzi – come precisato nel rapporto – molto spesso il parco tecnologico è sottoutilizzato perché data la capillare distribuzione delle attrezzature tra i presidi ospedalieri, queste restano spente per molto tempo.

Infine, dall’analisi dei bilanci pubblici delle aziende del SSN emerge una situazione di diffuso equilibro economico tra le aziende non soggette a PdR. Le aziende, invece, assoggettate a PdR, seppur non raggiungendo ancora il pareggio, hanno mediamente ridotto il divario con le prime.

Diversamente l’analisi dello stato patrimoniale del SSN evidenzia molte criticità: il livello di indebitamento delle aziende sanitarie pubbliche resta elevato, presumibilmente per effetto delle cospicue perdite accumulate negli esercizi precedenti e non ancora coperte. Al termine dell’esercizio 2013, infatti, le aziende analizzate totalizzavano perdite cumulate pari a circa 33,7 miliardi di euro, a fronte di contributi per ripiano perdite iscritti nel patrimonio netto per circa 21,3 miliardi. I rimanenti 12,4 miliardi di euro dovrebbero essere coperti per il 70% dalle Regioni con mezzi propri. Tuttavia, vi sono ancora 4 miliardi di perdite pregresse ancora non coperte.

Dunque, dall’analisi emerge che le aziende del SSN versano in difficili condizioni di liquidità e solidità patrimoniale, con rapporti di indebitamento molto elevati, alti tassi di obsolescenza delle immobilizzazioni materiali, passività a breve in eccedenza rispetto alle attività a breve e tempi di pagamento dei fornitori molto lunghi.

Research Fellow dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata in Economia presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, con una tesi in Finanza Aziendale Internazionale. Successivamente ha conseguito un master di II livello in “Concorrenza, economia della regolamentazione e della valutazione”, presso la medesima università.

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