RIPENSARE LA GOVERNANCE FARMACEUTICA: come garantire innovazione, accesso e sostenibilità industriale

downloadGuardando alle innovazioni che stanno arrivando dalla ricerca farmaceutica e alla situazione di stallo delle economie sviluppate, oggi le grandi sfide della governance dell’assistenza farmaceutica sono sostanzialmente tre: favorire l’equo accesso alle cure destinando un ammontare congruo di risorse ai farmaci; sostenere la ricerca e l’innovazione nel campo delle scienze della vita; garantire la sostenibilità economica e industriale, rispettivamente dei sistemi che erogano l’assistenza e di chi fa ricerca e sviluppo e propone nuove soluzioni terapeutiche.

Il SSN è nato nel 1978 con un imprinting fortemente garantista, contribuendo in maniera determinante allo sviluppo economico e all’emancipazione del nostro Paese. Garantisce equità (nella accesso alle cure), universalità (accesso garantito a tutti) e uguaglianza (nell’opportunità di accesso alle cure). Oggi, questi tre principi sarebbero garantiti qualora si assicurasse, parallelamente, la sostenibilità degli interessi di tutti gli stakeholder del SSN e dell’assistenza farmaceutica. Infatti, l’accesso è garantito se c’è da un lato la sostenibilità del SSN e dall’altro la capacità dell’industria di fare ricerca e poter contare su un sistema di valutazione coerente con le innovazioni apportate. Quando si parla di sostenibilità non si può, dunque, guardare ad un solo lato del sistema: la visione che ne deriverebbe e le soluzioni che si verrebbero a proporre, sarebbero distorte. L’accesso alle cure equo e solidale – soprattutto alle nuove cure –  è il tema principale e per garantirlo bisogna guardare tutti i pezzi del puzzle.

Le nuove cure porteranno ad un incremento della spesa farmaceutica. Ad oggi, le risorse messe a disposizione sono sempre meno.  Lo stato attuale della governance farmaceutica evidenzia da un lato scarsità di risorse e difficoltà di accesso alle cure e dall’altro la disponibilità di cure nuove e con un costo importante.

Che fine farà l’universalismo? Sarà un universalismo 100% o sarà un universalismo selettivo? Quello che si è verificato con l’epatite C è di fatto un accesso alle cure limitato ad una popolazione molto ristretta. Cosa succederà per le terapie che inizieranno a trattare in maniera più incisiva le malattie del sistema nervoso centrale, come l’Alzheimer, solo per fare un esempio?

Non c’è dubbio che ci si debba preparare per tempo, immaginando sin da subito una governance che cambi gli schemi e riesca a recuperare maggiori risorse per l’innovazione,  valutando in maniera congrua i costi e i benefici degli investimenti nella tecnologia sanitaria e dando maggiori margini di scelta alla classe medica che deve rendere conto delle decisioni prese.

Le proposte per migliorare l’accesso ai farmaci di sicuro riguardano una governance multilivello Stato-Regioni; abolire i PTOR al fine di ripristinare la funzione centrale dello Stato nel garantire l’accesso uniforme alle cure, su tutto il territorio nazionale e puntare, invece, sui PDTA come strumento per organizzare anche il servizio di assistenza farmaceutica, abbandonando, dunque, una logica di filtro regionale che prescinde dalla valutazione dei singoli casi.

La spesa farmaceutica è una spesa che deriva da una richiesta da parte del territorio e delle strutture che erogano servizi sanitari. Dal 2007 sono stati fissati tetti rigidi sia sulla spesa territoriale e sia poi su quella ospedaliera. Tetti che sono stati man mano rivisti, fino ad arrivare alla scomposizione in vigore. Dunque, in sintesi dinanzi alle innovazioni future bisognerà fare i conti con il problema etico dell’accesso alle cure. In Italia, ad oggi, persiste ancora una logica a silos. La spesa farmaceutica continua ad essere una spesa monitorata, facilmente aggredibile, ed aggredita.

Il pay-back sulla farmaceutica crea problemi nella sostenibilità nel recepimento di nuovi farmaci rispetto ai farmaci già esistenti. Per fare un esempio: un nuovo farmaco ospedaliero riconosciuto in Italia come sensibilmente migliorativo in termini di efficacia terapeutica, con minori effetti collaterali e con miglioramenti sensibili nella modalità di somministrazione che ne aumenta la facilità di assunzione e dunque l’aderenza, si trova in competizione con farmaci già presenti nei prontuari.  In base alle stime effettuate da I-Com, nel Rapporto Pay-back 2015, il nuovo farmaco, infatti, deve restituire mediamente il 54% nel primo anno e del 44% nel secondo del budget totalizzato in Italia, perché contribuisce ad aumentare il budget della spesa farmaceutica ospedaliera, sforata di default da tutte le regioni.

Si discute da tempo su una riforma dei tetti di spesa. Si parla di lasciare in piedi, così come era prima del 2007, il tetto di spesa della fascia A e di abolire quello della fascia H, spostando la spesa farmaceutica ospedaliera nei DRG. Di fronte alla difficoltà di accesso riscontrato ormai da anni, questa soluzione può permettere delle innovazioni importanti, per le seguenti ragioni: si andrebbe ad abolire il tetto di spesa più incongruo, ossia quello della spesa farmaceutica ospedaliera, che da sempre è stato sforato da tutte le regioni proprio perché il canale H riceve le maggiori innovazioni, e dunque i farmaci con il costo più elevato; si ridarebbe la possibilità al clinico, all’interno del budget ospedaliero, di redistribuire le risorse tra assistenza farmaceutica e assistenza sanitaria, potendo avere la possibilità di scegliere rispetto alle soluzioni offerte da AIFA, giustificandole e rendendo, dunque, conto alla ASL e alla Regione, che manterrebbe un ruolo di controllo e valutazione a posteriori e non di filtro ex ante della tipologia di farmaci da recepire. Nel 2016, dunque, si aspetta una riforma coraggiosa della governance del farmaco, che permetta di ridurre le diseguaglianze nell’accesso alle attuali cure in Italia e di preparare la strada per recepire in maniera veloce le nuove terapie, garantendone l’accesso a tutti i cittadini in qualsiasi parte del territorio italiano.

Coordinatore Scientifico Area Innovazione dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Ha conseguito un Dottorato di Ricerca in Economia e Gestione delle Aziende Sanitarie dell’Università Cattolica, e un MA in European Economic Studies al College of Europe di Bruges.

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