Le nuove strategie di Sky e il fattore dimensionale

sky_vr_studio_evi_17_03_16Nelle ultime settimane Sky ha messo a segno una serie di operazioni di grande interesse soprattutto se inquadrate alla luce del nuovo corso post-integrazione europea che ha portato alla nascita di una media company con un bacino di utenza di oltre 20 milioni di famiglie. Forte delle economie di scala legate al processo di aggregazione delle 5 pay tv (UK, Germania, Italia, Irlanda e Austria), il gruppo spinge ora sull’acceleratore degli investimenti, ben consapevole di un ambito competitivo sempre più esteso e diversificato che lo porterà a misurarsi con i nuovi player dell’audiovisivo connesso (Amazon, Netflix, Google) ma anche con soggetti “tradizionali” capaci di evolversi ed espandersi rapidamente nell’ottica di un maggior  consolidamento. Il riferimento è ovviamente al dinamismo di Vivendi e al forte interesse per gli asset strategici della nostra filiera industriale, dal controllo sulle reti (Telecom) alle sinergie con le piattaforme (Mediaset Premium ?) fino al presidio dei contenuti (Zodiak, Gameloft, Cattleya ?). Una testata francese l’ha chiamata pomposamente la nuova battaglia d’Italia.

Tornando a Sky, i nuovi fronti aperti riguardano a livello europeo l’ingresso nel business della realtà virtuale e a livello domestico il potenziamento dell’offerta on line sotto il profilo tecnologico nonché  la creazione di struttura ad hoc nel settore della distribuzione cinematografica in diretta concorrenza con Medusa e Warner. Ma procediamo con ordine.

Risale ad un paio di settimane fa l’ingresso ufficiale del gruppo nel mercato della realtà virtuale. Già da due anni Sky sosteneva finanziariamente un’azienda esterna americana specializzata, in produzione a 360° (Jaunt). Ma ora ha annunciato l’attivazione di una propria unità produttiva (VR Studio), cui sarà affidato il compito di realizzare contenuti “immersivi” fruibili attraverso l’apposito visore collegato allo smarthpone. I primi video riguarderanno le prove di Formula 1 a Barcellona ma entro la fine del 2016 i contenuti prodotti e trasmessi in VR saranno più di 20 e spazieranno dagli eventi culturali ai grandi classici sportivi (dai pesi massimi di boxe al Tour de France). Se i primi filmati saranno distribuiti solo tramite piattaforma Facebook 360 Video, a breve saranno compatibili anche con la piattaforma Oculus mentre a regime potranno essere accessibile tramite una apposta app per la fruizione dei contenuti VR: Sky VR.

Come è stato correttamente sottolineato l’ingresso di Sky nel mondo della realtà virtuale ha un’importante valenza di mercato: considerando che il successo della tecnologia è dato soprattutto dalla disponibilità di contenuti, contare su un broadcaster di questa portata potrebbe fare la differenza. Secondo alcune stime effettuate da Superdata il business della realtà virtuale varrà quest’anno a 3,6 miliardi di dollari (è previsto un mercato da 22,9 miliardi entro il 2020).

Un business che fa gola a molti brand come strumento innovativo di marketing e di promozione. Secondo un recente annuncio per la ricerca di personale pubblicato da Amazon, anche il colosso delle vendite online starebbe cercando personale “per esplorare e create piattaforme e interfacce che rendano possibile uno storytelling immersivo“. Questi primi test al momento potranno essere visti gratuitamente, ma una volta a regime (se i riscontri di mercato dovessero essere positivi e convincenti) il gruppo utilizzerà la tecnologia come parte integrante della propria offerta per migliorare la visione chiedendo all’utente un pagamento aggiuntivo per questa nuova opportunità di fruizione.

Stessa filosofia alla base del rilancio dell’Internet tv di Sky (Sky On line) che a breve sarà ribattezzata con lo stesso brand presente in UK ovvero Now Tv e con l’occasione dovrebbe dotarsi di un’offerta di contenuti pay più nutrita di quella attuale  e di un listino rimodulato. Sinora l’offerta OTT di Sky è stata caratterizzata da una certa dose di cautela forse anche per evitare rischi di cannibalizzazione con l’utenza pay tradizionale. Ma in questa fase ci si attende un cambio di passo  non solo per fronteggiare la sfida concorrenziale di Netflix, ma anche in vista di una probabile integrazione Vivendi/Mediaset. Dopo l’estate, Sky si doterà di un nuovo set top box (prodotto da Roku) in grado sia di connettersi a Internet, per permettere l’accesso ai canali inclusi nel pacchetto e ai contenuti on demand, sia di ricevere i canali del digitale terrestre. Si tratta di un dispositivo differente rispetto a quello collegato con l’offerta Sky Q lanciata in Uk e in arrivo in Italia il prossimo anno. Come ben spiegato da Italia Oggi si possono pensare a tre gradini dell’offerta Sky: alla base Sky Now TV con il nuovo Roku, a metà l’offerta classica satellite hd+on demand e al top quella premium di Sky Q nella quale compariranno anche i canali in Ultra Hd.  Per la Penisola non è ancora certo se il lancio del nuovo dispositivo avverrà contemporaneamente al rebranding o se prima si attenderanno gli esiti del lancio inglese. A livello di gruppo quella di Sky Now è un’offerta importante, perché il 90% dei clienti ottenuti attraverso di essa non avevano mai considerato prima di avvicinarsi a un normale abbonamento Sky. Ma per elevare la qualità dell’intrattenimento domestico è strategico avere un maggior controllo sulla produzione e distribuzione di contenuti pregiati. Per questo motivo, secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore Sky Itali sarebbe in procinto di entrare nella distribuzione cinematografica, avviando una serie di trattative con i principali produttori audiovisivi tra cui Cattleya, Lucisano Media Group, Wildside, Palomar e Indiana Production. Una operazione destinata ad aumentare il grado di concorrenza in un settore abbastanza concentrato e capace di sparigliare le carte, aprendo le porte ad una nuova e più dinamica fase di sviluppo nello sfruttamento dei diritti sulle varie piattaforme. Obiettivo di Sky è quello di stabilire un rapporto sempre più stretto con il cinema italiano in una fase di rilancio legata al processo di riforma in atto (attualmente in discussione in Parlamento) e in vista del rinnovo immininete della concessione della Rai. Insomma potrebbe prendere vita una sorta di consorzio distributivo partecipato dal broadcaster e dai produttori, in diretta concorrenza con Universal e Warner Italia Quest’ultima distribuisce molti titoli italiani, cedendone i diritti tv a Mediaset, con la quale Warner ha un accordo pluriennale sino al 2020 per trasmettere in esclusiva i film e le serie della major di Hollywood.

Tre aree strategiche di intervento che mostrano la ferma volontà di accrescere le proprie dimensione e fare economie di scala investendo in nuovi dispositivi tecnologici capaci di arricchire l’esperienza di consumo e in contenuti originali di qualità multipiattaforma. In una recente intervista Repubblica, il Ceo Zappia ha dichiarato che la sua azienda è pronta ad investire 7 miliardi nei prossimi 4 anni nel nostro Paese. A condizione di operare in un mercato con regole chiare, certe e uguali per tutti. Uno scenario che in Italia offre ampi margini di crescita.