Dalla fotografia scattata dal rapporto 2016 “Le imprese di biotecnologie in Italia – Facts & Figures” – realizzato da Assobiotec in collaborazione con Enea sulle 500 imprese italiane biotech – emerge che in Italia l’industria biotecnologica è un settore di indiscussa eccellenza, sia in ambito scientifico che tecnologico e le chiavi di questo successo sono sicuramente riconducibili all’ottima qualità della ricerca accademica e industriale e alla straordinaria capacità delle imprese di trasformare le idee innovative in prodotti di alto valore.
Più della metà delle imprese biotech (256) è costituita da realtà che dedicano oltre il 75% dell’investimento totale in R&S ad attività di ricerca biotech. Si tratta di un settore particolarmente vitale, con un fatturato che supera i 9,4 miliardi di euro (di cui si prevede un’ulteriore crescita nei prossimi anni), investimenti in R&S complessivi pari a oltre 1,8 miliardi di euro e un numero di addetti superiore alle 9.200 unità. Il personale è prevalentemente qualificato, infatti, il 73% degli addetti totali è laureato. L’elevato tasso di scolarizzazione del biotech italiano è un risultato importate sia per competere con le realtà più virtuose nell’attrarre competenze e investimenti, sia per fare del nostro Paese un sistema vincente nell’ambito delle economie della conoscenza più avanzate.
Le Biotech italiane devono fare, però, i conti con la piccola dimensione che può, talvolta, essere un ostacolo allo sviluppo delle elevate potenzialità della biotecnologia italiana. Infatti, sono perlopiù imprese che non superano i 49 addetti e il 50% delle micro imprese sono spin off, prevalentemente universitari.
Le imprese biotech sono attive in tutti i settori di applicazione (Red, White, Green biotech e GPTA), anche se si evidenzia una netta prevalenza (53%) delle Red biotech – imprese che operano nel settore delle biotecnologie applicate alla salute – che fanno da traino all’intero comparto con il 75% del fatturato totale, il 90% degli investimenti in R&S e il 79% degli addetti in R&S biotech.
Le aree di maggiore interesse strategico per le Red biotech sono l’oncologia, le malattie autoimmuni, le malattie infettive e anche la neurologia. Più del 40% dei progetti attiene alla R&S di farmaci biologici: anticorpi monoclonali, proteine ricombinanti, vaccini e prodotti per Terapie Avanzate. Proprio le Terapie Avanzate, insieme alle Malattie Rare costituiscono i settori di eccellenza del biotech italiano.
Vi sono, però, alcuni punti critici sui quali bisogna lavorare per non rischiare di perdere l’elevato potenziale innovativo, economico e di crescita che il biotech offre all’Italia. Innanzitutto, vi è la necessità di istituire una cabina di regia centrale e comune all’intero sistema che consenta di individuare le priorità su ricerca e innovazione e di indirizzare in modo giusto le risorse disponibili. Inoltre, bisogna rafforzare le competenze di trasferimento tecnologico, costituendo, ad esempio, un centro nazionale di Technology Transfer per le Life Sciences. Sul piano fiscale si auspica al miglioramento delle agevolazioni ad oggi presenti e, in ultimo, bisogna prevedere un venture capital pubblico-privato in grado di supportare le imprese biotecnologiche attive sul territorio ma anche gli operatori finanziari esteri interessati a co-investire nel nostro Paese.