Riparte la saga dell’oblio tra vecchie pronunce e nuovi ricorsi

donna al pcContinua la saga dell’oblio. L’Unione Europea, dopo le linee guida del 2002, ha rivolto la propria attenzione alla predisposizione di una normativa data protection, di cui il diritto all’oblio è uno dei punti di maggiore rilevanza, al fine di consentire la rimozione dei dati ormai vecchi, non aggiornati o irrilevanti dai risultati dei motori di ricerca su richiesta del diretto interessato. Nel 2014 la Corte di Giustizia, condividendo i rilievi formulati dal sig. Mario Costeja Gonzalez – il quale aveva chiesto a Google la rimozione o la modifica delle pagine in cui si dava conto di una vendita all’asta di immobili di sua proprietà organizzata nel 1998 a seguito di un pignoramento eseguito nei confronti dello stesso – aveva riconosciuto una responsabilità a carico dei motori di ricerca in relazione ai dati personali che ha trattato anche qualora questi appaiano su pagine web pubblicate da terzi. Ciò in considerazione della circostanza che sarebbe il gestore del motore di ricerca a determinarne le finalità ed il trattamento. Si trattava, dunque, di una pronuncia dai risvolti interessanti essendo stata riconosciuta con fermezza la necessità di tutelare i dati personali dei cittadini europei superando, di fatto, il problema della localizzazione fisica dei server che gestiscono i dati in Pesi extra UE.

In esecuzione di tale pronuncia, Google ha iniziato a ricevere un numero importante di richieste da parte dei cittadini europei (250mila circa), molte delle quali provenienti  dai francesi (oltre 50mila di cui il 48% accolte), dai tedeschi (43mila di cui il 48,9% accolte) e dagli inglesi (32mila di cui il 37,6% accolte), molto meno dagli italiani, le cui richieste si sono fermate a 20mila, di cui accolte soltanto il 27,6%.

Già nell’immediatezza della pronuncia si erano poste una serie di criticità legate, in particolare, alla competenza territoriale in merito alla rimozione dei link ed all’efficacia territoriale della sentenza in questione. La domanda che si poneva all’attenzione era questa: Google (così come gli altri motori di ricerca) è obbligato, in virtù della decisione della Corte di Giustizia Europea ad eliminare i link soltanto dalle versioni europee del motore di ricerca oppure è tenuto ad un’eliminazione globale? Ebbene, dopo ormai due anni la vicenda torna quanto mai attuale dopo che Google, condannata dal Garante francese per la privacy (Cnil) ad una sanzione di 100 mila euro per non aver riconosciuto il diritto all’oblio a livello mondiale è ricorso in appello.

Siamo pertanto di fronte ad un nuovo conflitto che pone quesiti giuridici di non poco conto. È chiara, infatti, l’importanza di assicurare una piena tutela dei diritti dei cittadini europei ma è allo stesso modo evidente che ciascun Paese è sovrano nel proprio territorio e che tale sovranità si traduce, spesso, in apparati normativi profondamente diversi che pongono vincoli e limitazioni inevitabilmente differenti. Le criticità che si ricollegano all’applicazione globale di una singola normativa nazionale appaiono di non semplice soluzione. La rete per definizione sfugge a qualsiasi vincolo spaziale ed a qualsiasi frazionamento geografico per cui se una soluzione va cercata essa dovrebbe forse risiedere nel tentativo – ad elevatissima complessità per le differenze socio-culturali che caratterizzano i diversi continenti –  di addivenire ad accordi internazionali che su scala globale disciplinino, nel rispetto delle singole sovranità, il diritto all’oblio. Solo così sarebbe possibile garantire un’effettiva tutela dei diritti dei singoli senza però minacciare la sovranità degli Stati.

 

Vicepresidente dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata in Giurisprudenza presso l’Università di Tor Vergata nel 2006 ha partecipato, nel 2009, al master di II Livello in “Antitrust e Regolazione dei Mercati” presso la facoltà di Economia della medesima università conseguendo il relativo titolo nel 2010, anno in cui ha conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense.

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