Rispetto ai principali paesi europei, la spesa farmaceutica pubblica in Italia appare sotto finanziata, come dimostra lo sfondamento dei tetti sulla territoriale e sull’ospedaliera (che complessivamente negli anni sono stati abbassati dal 16,4% del 2008 al 14,85% attuale) ma anche una comparazione a livello UE. Da un confronto, basato su dati OCSE, con Spagna, Germania e Francia risulta che se l’Italia colmasse il gap in termini percentuali della quota di spesa sanitaria pubblica complessiva destinata alla farmaceutica, la spesa per quest’ultima potrebbe aumentare, a parità dunque di spesa sanitaria, rispettivamente di 4,5 miliardi di euro, 2,1 miliardi di euro e 1,6 miliardi di euro (in base ai dati 2015). Questi numeri assumono una rilevanza del tutto significativa considerando che solo nel 2015 in Italia la spesa farmaceutica complessiva (territoriale ed ospedaliera) ha superato la copertura prevista dall’attuale struttura dei tetti di spesa per circa 1,8 miliardi di euro.
Naturalmente non è ipotizzabile che questo divario possa essere interamente colmato nell’immediato con una sottrazione di risorse ad altri comparti della spesa sanitaria.
Per questo, nel suo recentissimo studio sulla riforma della governance farmaceutica, pubblicato lo scorso 6 luglio, I-Com ha avanzato tre ipotesi che complessivamente potrebbero portare in maniera sufficientemente rapida a una riduzione significativa del gap: la previsione di misure fiscali ad hoc, la destinazione della crescita del FSN legata alla crescita economica ad un maggiore finanziamento, quota parte o auspicabilmente in misura più elevata, della spesa farmaceutica e, infine, il ricorso ad una maggiore spesa per automedicazione attraverso attente misure di delisting.
Tra le misure fiscali ad hoc, si è studiato il possibile impatto di una tassa di scopo che vada ad aumentare il prezzo di vendita delle sigarette di venti centesimi al pacchetto (un centesimo a sigaretta), una proposta che è stata recentemente avanzata dall’AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) per coprire la spesa per farmaci innovativi, ed in particolare per quelli contro il cancro. I-Com ha stimato gli effetti che questo provvedimento potrebbe avere sul gettito, prevedendo due scenari: nello scenario A vengono stimati l’effetto diretto, l’effetto sostituzione e l’effetto complessivo di un aumento del prezzo delle sigarette data un’elasticità diretta e un’elasticità di sostituzione della domanda al prezzo pari rispettivamente a -0,7 e 4. Considerando solo l’effetto diretto, un centesimo di euro in più a sigaretta produrrebbe una maggiore spesa in consumi per circa 721 milioni di euro che, tuttavia, potrebbe essere ridotta dallo spostamento di consumo verso il tabacco, prodotto di prezzo inferiore che non sarebbe toccato dalla tassa di scopo, per circa 6,7 milioni di euro. Considerando anche questo secondo effetto l’aumento complessivo di spesa disponibile per il finanziamento del fondo per i farmaci innovativi sarebbe pari a 714 milioni di euro. Nello scenario B si contempla, invece, la possibilità che entrambe le elasticità al prezzo, sia quella diretta che quella di sostituzione, siano più elevate ovvero pari rispettivamente pari a -1,3 e 5. In questo caso si potrebbe avere una spesa inferiore rispetto a quanto previsto nello scenario A e pari, per effetto diretto, a 701 milioni di euro. Questo gettito potrebbe essere ridotto di circa 8 milioni di euro per effetto del parziale spiazzamento del consumo di sigarette da parte del tabacco, arrivando ad un effetto complessivo di circa 693 milioni di euro.
La seconda proposta cerca di agire sui trend di spesa piuttosto che sui livelli, destinando una porzione più o meno ampia dell’aumento del Fondo Sanitario Nazionale derivante dalla (scarsa) crescita del PIL prevista nei prossimi anni alla copertura della spesa farmaceutica. Non si tratta di cifre da poco. Nel quadriennio 2016-2019, sulla base di stime prudenziali, la crescita di risorse pubbliche per il Sistema Sanitario Nazionale imputabile alla crescita dell’economia potrebbe essere pari a 2,8 miliardi di euro. Facendo tre possibili ipotesi alternative sulla percentuale della variazione del FSN da devolvere al maggiore finanziamento della spesa farmaceutica (pari al 14,85% nel caso si voglia mantenere lo status quo attuale, al 25% o al 50% nel caso in cui si voglia riconoscere il ruolo del tutto peculiare dell’innovazione in corso nel settore a fronte del sottofinanziamento che assume contorni sempre più evidenti e al contempo preoccupanti), nel 2019 si otterrebbe un aumento della copertura rispettivamente pari a 413 milioni di euro, 695 milioni di euro e 1,4 miliardi di euro (con valori intermedi per gli anni precedenti).
Ancora, e siamo giunti alla terza proposta, tra le altre fonti che potrebbero consentire risparmi di spesa, non è affatto da sottovalutare il delisting di farmaci a basso costo, per patologie non croniche o gravi, da abbinare a un miglioramento della cultura dell’automedicazione, tale da allineare l’Italia agli altri Stati Membri dell’Unione Europea. Secondo le stime si potrebbero conseguire risparmi di spesa pubblica fino a 774 milioni di euro. Peraltro, incrementare l’utilizzo dei farmaci senza ricetta, riprendendo il tasso di crescita osservato in Italia fino al 2008 e poi perso negli ultimi anni, appare auspicabile non solo per consentire ai cittadini e all’intero Paese di risparmiare, ma anche per migliorare la qualità delle terapie ad oggi offerte in Italia.
Gli effetti finanziari derivanti dall’utilizzo, separato o congiunto, dei diversi possibili strumenti di copertura possono essere riassunti nei due grafici che seguono. La sola imposizione di una tassa di scopo genererebbe annualmente 714 milioni di risorse aggiuntive cui vanno aggiunte quelle che proverrebbero da una percentuale dell’aumento del finanziamento del FSN legato alle previsioni di crescita economica 2016 – 2019. In questo secondo caso la devoluzione, alternativamente, del 14,85%, del 25% e del 50% della crescita del FSN alla copertura farmaceutica porterebbe ad una copertura aggiuntiva progressivamente in aumento fino al 2019. Il gap di spesa risulterebbe invece ridotto (o addirittura colmato) sin dal primo anno di proiezione se si portassero a completamento le procedure di delisting che, secondo le stime, potrebbero liberare risorse fino a 774 milioni di euro. In questo caso la sola imposizione della tassa di scopo congiuntamente alle risorse provenienti dal delisting, potrebbe portare a circa 1,5 miliardi di euro aggiuntivi in ciascun anno. Se a questi si aggiungesse l’effetto dell’aumento del FSN legato alle previsioni di crescita economica, anche nell’ipotesi in cui alla copertura della spesa farmaceutica venga devoluto solo il 14,85% della crescita del FSN, il gap esistente risulterebbe colmato sin dal 2016. Le risorse provenienti da tassa di scopo, delisting e percentuale della variazione del FSN sarebbero infatti pari a 1,83 miliardi di euro già nel primo anno.
In definitiva, il tema delle risorse appare almeno nel breve periodo risolvibile. Occorre però la capacità della politica di muoversi con rapidità e al contempo con lungimiranza, accompagnando queste misure di carattere finanziario con una riforma della governance farmaceutica che rappresenta nel medio e lungo termine l’unica garanzia per continuare ad offrire ai cittadini italiani l’accesso sostanzialmente gratuito alle cure. Cogliendo le opportunità che a livello globale ci offre il vento dell’innovazione che ha ripreso a soffiare impetuosamente dopo un periodo di sostanziale bonaccia.