L’innovazione è tradizionalmente stata considerata un tema di riferimento per il settore privato: l’OCSE definisce l’innovazione come “l’implementazione di un prodotto (sia esso un bene o servizio) o di un processo, nuovo o considerevolmente migliorato, di un nuovo metodo di marketing, o di un nuovo metodo organizzativo con riferimento alle pratiche commerciali, al luogo di lavoro o alle relazioni esterne” (Manuale di Oslo, 2005).
Il ruolo del settore pubblico è stato visto, principalmente, nell’ottica della promozione di politiche propulsive rispetto alle dinamiche di innovazione (politiche e regolazione pro competizione, finanziamento di programmi di ricerca, sviluppo e dimostrazione tecnologica, sistema di incentivi economici e fiscali per le imprese innovative), visti i benefici diretti e tangibili per l’economia e, più in generale, per la società che quest’ultima comporta.
Recentemente, però, il tema dell’innovazione ha iniziato ad essere riferito sempre più anche alle attività e funzioni stesse svolte settore pubblico. Nonostante la complessità di definire chiaramente a cosa si riferiscano i processi d’innovazione rispetto all’attività del pubblico, anche a causa della vasta definizione del settore e alla molteplicità degli obiettivi che persegue, è innegabile che la pubblica amministrazione (o più in generale il settore pubblico) rappresenti un possibile target di attività di innovazione.
La spinte innovative rispetto ai servizi erogati dalla pubblica amministrazione possono essere identificate in due principali direttrici. La prima fa riferimento alla necessità di fornire servizi ai cittadini e alle imprese sempre più sofisticati, efficaci e rapidi. La seconda può essere ricondotta al tema dell’efficienza, visti anche i crescenti vincoli di bilancio che il settore pubblico ha sperimentato negli ultimi anni. Una definizione d’innovazione nella pubblica amministrazione è stata data in ambito europeo come “un servizio, un metodo comunicativo, un processo o sistema organizzazione nuovo o fortemente migliorato” (Commissione Europea, 2013).
L’energia è senz’altro uno dei settori in cui la rilevanza dei processi innovativi ha assunto una centralità via via crescente nel tempo. Le sfide legate alla sostenibilità ambientale, alla riduzione dei costi di fornitura e all’aumento della sicurezza degli approvvigionamenti hanno innescato dinamiche di innovazione tecnologiche, legislative/regolatorie e di mercato particolarmente sfidanti e complesse. Evidentemente il settore pubblico ha svolto un ruolo propulsore di questi processi innovativi, in particolare agendo sul quadro normativo e regolatorio e investendo in programmi e attività di ricerca di base e tecnologica. E’ stato, in alcuni casi, propulsore di nicchie di mercato attraverso i propri acquisti o la concessione di commesse di servizio.
Meno esplorato è il ruolo che l’innovazione può avere nello svolgimento delle attività istituzionali delle pubbliche amministrazioni che, a vario titolo, sono chiamate ad occuparsi delle materie energetico/ambientali. Tralasciando quindi il tradizionale ruolo di promozione dell’innovazione a favore del settore privato tipico del settore pubblico, si possono individuare due importanti ambiti in cui il settore pubblico in quanto tale può essere coinvolto in importanti processi di innovazione:
• come fruitore di beni e servizi acquistati da terzi;
• come erogatore di servizi forniti ai propri stakeholder.
Per colmare questo gap, in collaborazione con RSE, è stata realizzata un’indagine conoscitiva approfondita sulle esigenze di innovazione della pubblica amministrazione italiana nel settore energetico-ambientale. L’obiettivo finale è quello di contribuire a meglio definire in quali ambiti di ricerca o specifici progetti possano trovare applicazione i risultati della Ricerca di Sistema , ovvero verso quali iniziative poter orientare le attività future, avendo come riferimento, appunto, il perimetro della pubblica amministrazione.
Vista la vasta e disomogenea platea dei livelli istituzionali coinvolti (amministrazioni centrali, Autorità di settore, agenzie ed enti strumentali centrali, Regioni ed enti regionali, enti locali di vario livello) si è deciso, anche per dare maggiore omogeneità all’indagine, di concentrare la ricerca sugli enti regionali e locali. Sempre per restringere la platea dei soggetti da coinvolgere, sono stati scelti quattro territori target : nel caso del Lazio, Lombardia e Puglia, sia il livello regionale che comunale è stato indagato. Per la Sicilia si è tenuto in considerazione solo il livello regionale. Il target dell’indagine è rappresentato da funzionari pubblici che, all’interno dell’amministrazione di riferimento, si occupano (a livello tecnico o politico) degli specifici temi legati all’energia e all’ambiente di seguito riportati:
• Rinnovabili e generazione distribuita
• Grandi infrastrutture (esistenti + future; elettrico, gas, teleriscaldamento, tlc, FER)
• Efficienza energetica
• Mobilità sostenibile
• Pianificazione e processi autorizzativi
• Smart city
Da un punto di vista metodologico si è scelto, come strumento di indagine un questionario a risposta aperta, somministrato mediante intervista in presenza o telefonica. In alcuni casi, e dopo aver chiarito tramite un colloquio personale gli argomenti e gli scopi dell’indagine, sono stati accettati anche questionari compilati telematicamente. Questo anche per consentire, dove richiesto, di rendere possibile un coordinamento tra differenti uffici nel caso di competenze trasversali.
Da una prima analisi delle risposte raccolte nell’ambito della ricerca I-Com/RSE è possibile trarre i seguenti spunti di riflessione. Per quanto riguarda il livello regionale esiste un’evidente difficoltà di ragionare in termini strategici rispetto a processi di innovazione nello svolgimento delle proprie attività. Prevale l’urgenza della gestione dell’ordinario e la mancanza di adeguate risorse sia umane che finanziarie. Rispetto ai temi energetico/ambientali oggetto della presente ricerca emerge dalle interviste una richiesta di maggiore integrazione tra differenti livelli di pianificazione.
Più frammentata, ovviamente, la situazione dei Comuni. Una distinzione va ovviamente fatta tra grandi comuni e piccoli comuni. Per i grandi comuni vale in parte quanto detto per gli enti Regionali. Le competenze in materia di energia e ambiente sono spacchettate tra vari Assessorati e Dipartimenti e si fa fatica, quindi, a lavorare su temi fortemente traversali ed integrati. Inoltre i comuni sono fortemente vocati alla gestione dell’ordinario e molto resistenti ad introdurre forme di innovazione nel loro modus operandi. Questo frena, ovviamente, la propensione all’innovazione di queste strutture. Per quanto riguarda invece i piccoli comuni, esiste una frazione di quelli coinvolti che ha intrapreso interessanti sperimentazioni nei settori di pertinenza con la presente ricerca. Sono proprio questi che hanno mostrato un maggiore interesse a lavorare in sinergia con enti di ricerca pubblici per sviluppare ulteriormente le esperienze maturate. Esiste poi una restante parte di comuni che non è in grado di esprimere esigenze di innovazione particolarmente avanzate. Per molti comuni l’aver lavorato sul PAES o sul piano della mobilità è stata un’occasione molto importante per far emergere esigenze di innovazione in campo energetico ambientale (es. database settoriali o integrati, modelli provvisionali, modelli partecipativi, etc.). In particolare per i piccoli comuni esiste un tema di accesso a infrastrutture abilitanti quali la banda larga.
La propensione di un’amministrazione non sembra dipendere da fattori strutturali quanto più da elementi contingenti. Non sempre, in questo senso, i grandi comuni sono in una situazione di vantaggio rispetto ai piccoli comuni. Nei primi infatti la complessità della gestione dei problemi tende a scoraggiare iniziative di rottura con il passato, mentre nei piccoli comuni la visibilità e l’impatto che progetti di innovazione hanno sul territorio viene colta dagli amministratori più capaci. La dotazione di risorse umane all’interno delle amministrazioni (e forse la loro organizzazione) non consentono, in molti casi, di assolvere funzioni evolute ed esprimere esigenze di innovazione. Se queste esigenze emergono dalla componente politica dell’amministrazione, spesso non trovano un punto di caduta negli uffici tecnici (necessità di ricorrere a consulenze esterne). Uno dei problemi comuni riscontrati è relativo alla continuità amministrativa e alla dispersione delle esperienze e competenze acquisite.
Un altro problema che senz’altro ha una forte incidenza negativa sulle dinamiche di innovazione della PA (trasversale fra i differenti livelli istituzionali analizzati) è la lunghezza dei tempi che intercorrono dalla fase decisionale alla fase implementativa. Se tale tempo eccede il naturale ciclo amministrativo lo sforzo di innovazione viene sovente vanificato.
In pochissimi casi gli intervistati hanno toccato il tema del ruolo della pubblica amministrazione come stimolo all’innovazione nei settori dell’energia e dell’ambiente nel processo di fornitura di beni e servizi: prevale anche in questo caso l’inerzia amministrativa nel ripercorrere strade consolidate. Esiste poi un tema più generale di reingegnerizzazione di processi di spesa pubblica.
La qualità delle collaborazioni è in generale migliore con gli Enti di Ricerca (più inclini per mission a fornire un supporto alla pubblica amministrazione che risponda effettivamente alle esigenze del territorio) rispetto alle Università, generalmente più concentrate sulla rilevanza delle attività svolte rispetto alla comunità scientifica. Esiste però un problema di fondo di tipo amministrativo e procedurale: bisogna definire chiaramente se questa collaborazione tra PA e centri di ricerca pubblici è intramoenia oppure debba andare a gara.
Queste considerazioni preliminari consentono di elaborare una griglia di proposte operative per progetti o programmi di innovazione legati alle attività della pubblica amministrazione nei settori energetico/ambientale:
[1] Programma di ricerca e sviluppo finalizzate a ridurre il costo dell’energia elettrica per gli utenti finali, migliorare l’affidabilità del sistema e la qualità del servizio, ridurre l’impatto del sistema elettrico sull’ambiente e sulla salute e consentire l’utilizzo razionale delle risorse energetiche ed assicurare al Paese le condizioni per uno sviluppo sostenibile, finanziate attraverso la componente A5 della bolletta elettrica.